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Economia

VERSO LE ELEZIONI

Alessandra Gallone: «A Roma per dare voce ai più deboli»

febbraio 2018

Umiltà. Verità. Giustizia.
Tre sostantivi che ricorrono - tra sinonimi e declinazioni - nella grammatica etica di Alessandra Gallone. Senza forzature: perché si tratta di valori scritti nella genetica di una donna e di una madre, ben prima di essere i punti cardinali su cui si fonda la sua storia politica.
Potrebbero costituire il suo manifesto programmatico in vista delle elezioni politiche del 4 marzo, dove il suo nome compare nelle liste di Forza Italia, che ha scelto di candidarla per il Senato (un ruolo già “onorevolmente” ricoperto tra il 2008 e il 2013).
Nord. Sud. Ovest. Manca l’est. Ed eccolo il quarto - imprescindibile - imperativo: plasmare un’Italia a misura di donna. Un auspicio ben lungi dallo sfociare in una demagogica dialettica di guerra tra i sessi: non serve sopraffare l’altro; crescere è camminare fianco a fianco.
Rimarrete di stucco, ma l’ex (e, stando ai sondaggi, futura) senatrice Gallone, rifugge qualsiasi stereotipo legato ai politici: niente polemiche o toni facinorosi. Per lei, “governare” significa costruire: non distruggere.
Scriveva Orwell che esistono due categorie di politici: gli utopisti - con la testa fra le nuvole - e i realisti, con i piedi nel fango. Ne tralasciava una terza: quelli che della “cosa pubblica” sono innamorati; basta nominarla, perché lo sfarfallio di ali nello stomaco si traduca in guizzi nello sguardo. Eccolo, quel barlume, nel rievocare ricordi passati e ricostruire il percorso della bambina folgorata dai discorsi di Giorgio Almirante, divenuta da adulta la pupilla di Marzio Tremaglia.
In un continuo gioco di rimandi tra pubblico e privato, tutta la vita di Alessandra Gallone è scandita dalla politica.
A partire dalla nascita della figlia, Beatrice, il 23 aprile del 1996: in uno dei pochi momenti di pausa dal consiglio comunale, poiché i bergamaschi erano stati chiamati alle urne. «Quando ero in sala parto, nel pieno del travaglio, mio marito e il mio ginecologo parlavano di elezioni!», puntualizza divertita, mentre sciorina altri graziosi aneddoti. Come i tre giorni di assenza da Palazzo Frizzoni per varicella, dono della sua bambina (oggi aspirante fotografa, nonché autrice degli scatti ufficiali della campagna elettorale della madre).
Come dimenticare, poi, i tempi in cui si nascondeva per una manciata di minuti nelle nicchie di Palazzo Madama per chiamare a casa e salutare la sua dodicenne. «Alzavo lo sguardo, notando che tutte le mie colleghe concludevano le telefonate con un “Ciao amore”: approfittavamo di quelle pause fugaci per parlare con i nostri figli. Per una mamma è dura stare così lontano: per fortuna ho potuto contare sull’aiuto fondamentale di mio marito e di mia madre». Il sorriso ricompare quando racconta delle foto, custodite gelosamente, che immortalano Beatrice, piccina, accanto a Benedetta e Alessandro Gori, con la bocca sporca di Nutella. Perché sì: se annoveri tra le fondamenta della tua esistenza l’ascolto e il fair play, riesci anche a gestire storiche amicizie, sebbene caratterizzate da un credo politico diverso. «Basta scindere i due piani», ci spiegherà nel corso di questa intervista. (Leggi l'intervista completa nel numero di marzo)

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