Economia
«Evitare di festeggiare con i parenti è un grande gesto di affetto»
Durante la prima ondata della pandemia Covid-19, il virologo Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, si è contraddistinto evitando alla regione Veneto un incremento esponenziale dei contagi grazie alla sua idea di uno screening a tappeto, per questo motivo ne è stato nominato il consulente tecnico. è famoso per aver condotto uno studio sui cittadini di Vo’ e scoperto che la maggior parte delle persone infette era asintomatica, ma in grado però di diffondere il virus. Detiene inoltre un ruolo essenziale per la nostra provincia, poiché è stato nominato dalla Procura di Bergamo perito speciale sulle indagini delle morti dei nostri concittadini per Covid. Il professore ci ha ricevuti nel suo studio all’interno dell’Ospedale Giustinianeo di Padova per rilasciarci un’intervista esclusiva.
Già a maggio Lei aveva previsto la seconda ondata di cui ora siamo vittime, per questo motivo, ad agosto, Le è stato chiesto di elaborare una strategia per evitarla, in cosa consisteva?
Era una strategia che si basava fondamentalmente sul “modello Veneto”: aumentare la capacità di fare tamponi molecolari e identificare le catene di contagio, quindi, siccome il tracciamento si è rivelato inefficiente, bisognava fare test sulle persone coinvolte in una rete di contatti con positivi, al lavoro, a scuola o tra parenti ed amici. Prevedeva inoltre la creazione di uno strumento informatico che potesse far leva sull’adesione all’app Immuni, ad esempio, con degli incentivi come i tamponi immediati, per poter perimetrare l’interazione delle persone infette con i sani (soprattutto gli asintomatici che non si accorgono di essere portatori perché privi di patologie), ed il controllo della mobilità, per prevedere i prossimi focolai. Bisognava sostanzialmente creare una logistica per rendere fruibile questo approccio alla popolazione.
Cosa ha sbagliato, secondo Lei, il sistema Italia nella prevenzione di questa seconda ondata? C’era un modo per evitare che la percentuale di contagi si alzasse così tanto?
Ha sbagliato praticamente tutto se in questo momento ci troviamo nella seconda ondata. Si poteva di certo evitare, rendendola meno aggressiva, se si fossero sfruttati i cinque mesi intermedi, il problema non era solo l’estate, ma la riapertura delle attività produttive e delle scuole in presenza di trasmissione residua e scarse misure di contenimento.
Lei ha più volte affermato che ci si è sempre preoccupati maggiormente per l’economia, il settore della ristorazione, quello alberghiero e tanti altri però non sono d’accordo. Cosa ci può dire a riguardo?
Purtroppo ad ora sono sacrifici necessari ed io sinceramente non credo che la gente abbia così gran voglia di andare al ristorante, a teatro o in vacanza con tutti questi morti in giro. In una società affetta da questa enorme problematica non credo ci sia molto spazio per attività ricreative, si dovrebbe far affidamento sulla solidarietà invece che sul cinismo.
La problematica che molti medici stanno avanzando è il fatto che sono stati messi in secondo piano, per via della saturazione delle strutture sanitarie, pazienti con patologie non Covid. Ad ora crede che le strutture sanitarie siano state potenziate anche per i pazienti non Covid? C’è inoltre molta paura degli ospedali e ciò potrebbe portare a cure non tempestive e, di conseguenza, ripercussioni gravi sulla salute, cosa possiamo fare per evitare la mancata prevenzione di tutte le altre patologie?
Sicuramente è una problematica esistente, ma qualsiasi piano pandemico prevede la sospensione delle attività ordinarie, entro certi limiti. Si è organizzata però una soluzione con il sistema Hub & Spoke: gli hub sarebbero le strutture ospedaliere che dovrebbero, per quanto possibile, continuare le attività normali e gli spoke sono i centri dedicati al trattamento Covid. Io comprendo la paura che ha la gente a recarsi negli ospedali in piena pandemia, bisogna capire dove si posiziona il danno primario rispetto a quello collaterale, senza però ignorare o sottovalutare le patologie da cui si è affetti.
Si sta avvicinando il periodo natalizio, secondo Lei, le misure del governo, sulla base dei dati epidemiologici di oggi, basteranno a prevenire la terza ondata prevista a gennaio?
Credo che misure del Governo siano piuttosto blande ed improntate a mantenere l’equilibrio in cui siamo ora, purtroppo però questa non è una soluzione al problema. Non è ancora finita la seconda ondata, quindi ci vuole poco per far alzare di nuovo la percentuale dei contagi, con il conseguente incremento dei morti, per questo motivo parlo di terza ondata.
La gente è molto provata per il fatto di non poter festeggiare un sereno Natale in famiglia, cosa direbbe a queste persone? Crede che questa situazione ne potrebbe influire sull’aspetto psicologico?
Capisco la preoccupazione della gente a dover rinunciare alle festività ma, secondo me, evitare di festeggiare con i parenti, soprattutto quelli anziani, è un grande gesto di affetto ed il Natale è il periodo migliore per dimostrarlo, perché solo così li si può proteggere dal rischio di contagio. L’aspetto psicologico viene intaccato anche quando ci si infetta gravemente e si viene intubati per mancanza di ossigeno nei polmoni.
Secondo Lei, per quanto dovremo ancora convivere con questo virus? Purtroppo non saprei rispondere, dipende tutto dalla funzionalità del vaccino, se ci sarà un riscontro positivo direi circa un altro anno, anche perché prima di sei mesi non si vedranno miglioramenti tangibili.
La nuova variante Covid proveniente dall’Inghilterra sta mandando nel panico più generale l’Italia, cosa ci può dire a riguardo? Ha realmente una trasmissibilità maggiore? Potrebbe influire sull’efficacia del vaccino?
Ad ora, la nuova variante Covid sembra associata soltanto alla sua trasmissibilità. Il Sars-Cov-2, come tutti gli altri virus, muta facilmente, questa volta ha subito una mutazione sulla proteina S che consente al virus di entrare nella cellula, per questo si ricollega ad una maggior infettività. Non ci sono dati che permettano di affermare che questa nuova variante sia più letale e virulenta o che possa sfuggire agli anticorpi indotti dal vaccino.
Sull’argomento vaccino ha assunto una posizione controcorrente, per cui è stato attaccato da tutto il mondo della medicina italiana. Ci spieghi meglio questa sua presa di posizione. Il vaccino sarà la soluzione per la fine della pandemia?
Non direi che la mia posizione sia controcorrente, anzi, è fortemente sostenuta dai migliori scienziati mondiali, tra cui il British Medical Journal o l’Anset. Bisogna in primis contestualizzare la mia presa di posizione, infatti risale ormai a quasi venti giorni fa, quando erano presenti soltanto gli annunci delle ditte interessate che erano privi di basi scientifiche e piuttosto disorientanti. Inoltre io non ho mai affermato di non volermi vaccinare, ho soltanto detto che non lo farò fin quando i dati non saranno resi pubblici (certamente, con la somministrazione delle prime dosi, verranno in breve tempo divulgati dai vari studi individuali), era una mera questione di trasparenza, come ho detto più volte, sono completamente pro ai vaccini e appena ci saranno tutte le garanzie ne usufruirò anche io.
Come ben sa, Bergamo ha pagato un prezzo altissimo nella prima ondata, per questo motivo ci piacerebbe scrivere tra le colonne della nostra rivista un suo messaggio di incoraggiamento per i nostri lettori e tutti i bergamaschi.
Riguardo a ciò che è accaduto a Bergamo posso dire che bisogna avere fiducia nella giustizia, sono certo che le responsabilità della strage che è avvenuta saranno di certo individuate.
Capisco che la gente sia destabilizzata, ma per uscire da questa situazione quasi inverosimile bisogna pensare di dover affrontare un conflitto, l’incoraggiamento maggiore risiede nel fatto che sicuramente questa pandemia finirà, come è capitato per tutte quelle del passato. Ilaria De Luca