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Economia

Il convegno

Festival delle generazioni né vecchi, né giovani: cittadini

novembre 2014

Sabato 4 ottobre, a Firenze, si è tenuto il Festival delle Generazioni dal titolo “Né vecchi né giovani: cittadini”, organizzato dalla Fnp Cisl per avviare una confluenza sinergica delle migliori energie degli anziani e dei giovani pronte a impegnarsi creativamente nella soluzione della crisi che condiziona la nostra società.
Nel corso della manifestazione si sono succeduti dialoghi tra protagonisti d’eccezione, in settori cruciali per il rapporto tra le generazioni come economia, comunicazione, scienza e ambiente, impresa e Made in Italy: uno di questi ha visto la partecipazione di Paolo Agnelli, presidente di Confimi Impresa e del gruppo omonimo, Alan Friedman, giornalista economico e Angelo Petrosillo, fondatore di Black Shape. Realtà industriali e generazioni di imprenditori diverse a confronto, dunque, ma accomunate dall’orgoglio italiano, lo stesso che li spinge a lottare tutti i giorni tra le mille difficoltà del nostro paese.
L’incontro, moderato dal vicedirettore di La7 e conduttore di “Omnibus” Andrea Pancani, ha fatto luce su diversi temi di stretta attualità: la crisi, il mondo delle imprese, le riforme del mondo del lavoro, l’Europa, la politica.
Ma il punto fermo, da cui ripartire, resta l’economia reale del paese. “Ci sono due modi di fare impresa: chi deve fare utili a fine anno e chi lavora per la propria famiglia, per il proprio marchio, per un’eredità - ha sottolineato Paolo Agnelli noi siamo alla quinta generazione e produciamo pentole per la cucina italiana: la nostra azienda nasce nel 1907 quando mio nonno iniziò la lavorazione industriale di un metallo allora nuovo come l’alluminio, sostituendo le pentole in rame.
Oggi siamo arrivati ad avere il 75% del mercato italiano delle pentole professionali e oggi, anche grazie al programma MasterChef, ci stiamo ampliando nel settore retail. Non vogliamo però morire sull’altare, fino a quando riusciremo resteremo in Italia: per questo servono dall’ente centrale provvedimenti per la piccola e media impresa. Negli Usa e in Germania le Pmi hanno storicamente tutele maggiori, in Italia non se ne è parlato per troppi anni: in Italia ci sono alti livelli di disoccupazione, ma questa nazione non può avere il più alto costo del lavoro in Europa e il più alto costo dell’energia nel Mondo. Al di là di tutte le altre problematiche che possono portare un disagio alle aziende (giustizia, infrastrutture, burocrazia) i primi fattori per essere competitivi nel mondo riguardano i prezzi della manodopera e dell’energia, che devono essere allineati a quelli degli altri paesi europei. Senza questi fattori il nostro vantaggio dettato dalla qualità del Made in Italy non potrà durare e non so che fine faranno i nostri lavoratori e chi li assumerà? Lo Stato per decreto? Non credo proprio, soltanto le imprese possono tornare ad assumere”. Dalla laboriosa Bergamo alla Puglia che cerca di fare innovazione. Black Shape è stata fondata da Angelo Petrosillo e si occupa della produzione di aeromobili ultraleggeri da turismo, che vengono realizzati interamente in fibra di carbonio:  “Siamo degli outsider, io prima insegnavo all’Università e mi occupavo di tutt’altro. Ho portato però un punto di vista nuovo, rivoluzionario: è importante che si ritrovi quella fiducia che ti permette di fare cose apparentemente impossibili da fare.Senza quella scintilla non è possibile fare impresa in Italia.
L’altro elemento fondamentale è il valore aggiunto: l’Italia non è competitiva perché il costo del lavoro e dell’energia sono molto alti, ma è necessario anche costruire, inventare, disegnare prodotti che incontrino nel mondo un pubblico disposto a pagare un prezzo alto per ciò che facciamo. Come si fa a creare valore aggiunto? Con la tecnologia, che aumenta la disponibilità del cliente finale di pagare un prezzo alto, e parallelamente ci permette di innovare.
La Germania richiede per i propri prodotti il 20% in più rispetto a prodotti di qualsiasi altra parte. Le imprese per innovare devono crescere per numero di dipendenti, per fatturato per stare sul mercato, investendo sul prodotto, sulla ricerca e sui giovani.
Ci deve essere un patto tra generazioni, ma sono i giovani che hanno le idee, che sono entusiasti e che possono dare qualcosa in più. Nel mondo c’è  dunque una fame disperata di Italia, non vedono l’ora che l’Italia torni a fare l’Italia: io credo che sia responsabilità di tutti far sì che ciò avvenga”. Alan Friedman, da esperto di economia, ha portato il suo punto di vista sulla situazione italiana, ponendo interrogativi agli imprenditori presenti e sollecitandoli sulle sfide del prossimo futuro.
Pronta la risposta di Agnelli, secondo cui “per quanto riguarda puramente l’articolo 18 in sé, l’importanza è poca. L’importanza della questione sta in ciò che l’Articolo 18 rappresenta: l’eventuale abolizione servirebbe ad aprire le aziende. Un tecnico non può crescere se sa che tutte le barriere delle altre aziende sono chiuse: se può trovare una certa mobilità in uscita ecco che a giovarne sarà lui in prima persona. Ecco perché vedo la caduta dell’Articolo 18 un po’ come la caduta del Muro di Berlino: apre l’Italia a un nuovo sistema. Questo, però, non significa diminuire la tutela dei lavoratori. Se domani mattina sparisce l’articolo 18, credetemi, io non licenzio nessuno, perché ho fatto una fatica tale a renderli così bravi e diligenti. Ricordiamoci inoltre che è stato l’articolo 18 a creare co.co.co, co.co.pro e partite Iva fasulle: le aziende sotto i 15 dipendenti si ingegnano in tutti i modi per superare l’articolo 18. Per assurdo l’articolo 18 crea i precari: sembra una bestemmia, ma questo è vero. Per quanto riguarda la flessibilità interna questo aspetto è importante: in un momento di crisi come questo occorre che tutti si adattino, anche cambiando reparto laddove ce ne sia bisogno”. Meno garanzie astratte e più tutele concrete, dunque. Flessibilità e innovazione, dunque, ma secondo criteri opportuni: “Quella di Petrosillo è un’azienda giovane, ha assunto giovani, comprando le macchine migliori partendo da zero. Noi dovevamo sostituire 30 persone che dovevano andare in pensione, intorno ai 60 anni e che non avevano confidenza con i computer:  la nostra azienda non ha potuto sostituirle a causa della legge Fornero, mentre avremmo assunto giovani con un apporto di tecnologia. L’innovazione tecnologica è una cosa bellissima, doverosa e giusta, ma il credit crunch ci sta ammazzando, oggi chi ha i soldi per rinnovare gli impianti? Per far crescere il fatturato occorre vendere e essere competitivi, ma quando le banche analizzano i nostri rating li giudicano non sufficienti per erogare finanziamenti”. Friedman ha successivamente esposto il proprio punto di vista sulla situazione italiana: nessun miglioramento all’orizzonte, il tutto nell’ambito di una guerra di potere in atto a Roma. La risposta di Agnelli non si è fatta attendere: il presidente di Confimi Impresa ha puntato su una scossa forte per far ripartire il nostro Paese: “Non c’è un’alternativa agli investimenti pubblici per rilanciare l’economia: dobbiamo superare parallelamente i vincoli europei, non voglio vedere il mio paese morire per far piacere alla Merkel e ai suoi amici. Occorre pertanto un gesto forte di sregolatezza per affrontare una crisi globale più forte di quella del’29 ma affrontata con parametri vecchi di vent’anni. Garantiamo i prestiti alle Pmi, come fanno in Germania: le banche italiane non si fidano nel mettere la firma sui finanziamenti, ma sono state aiutate dallo Stato quando erano in crisi. Ora fanno utili, ma se il sistema fosse coerente  anche le banche dovrebbero soffrire un po’: se le banche non lo fanno, sia lo Stato a porsi come garante, ma qualcosa va fatto per far ripartire i consumi interni”.


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