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«E ora creiamo un ministero per le pmi»

ottobre 2018

Un lungo discorso interrotto più volte dall’ovazione dei 780 ospiti presenti - imprenditori, politici, giornalisti - quello di Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria, anfitrione della sesta assemblea annuale che lunedì 15 ottobre ha riunito all’autodromo di Monza i membri della Confederazione dell’industria manifatturiera italiana e dell’impresa privata (e non solo).
Impossibile trovare luogo migliore per invitare «L’industria a scendere in pista: perché è ora che gli industriali che rappresentano l’economia reale guardino fuori dal proprio stabilimento. Fuori da quei confini che ben conoscono e nei quali si sentono più al sicuro. È fuori da quello stabilimento che si disegna il loro e il nostro futuro: un futuro che ha bisogno del nostro impegno diretto».
Non sono mancate le stoccate alla politica: seduti in platea, oltre al vice premier e Ministro degli Interni, Matteo Salvini, anche il vice Ministro del Mise Dario Galli e il sottosegretario Davide Crippa (che ha concluso la riunione, in rappresentanza del Movimento Cinque Stelle), il governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana e il suo vice, Fabrizio Sala, i senatori Alessandra Gallone, Matteo Richetti e Adolfo Urso, nonché il sindaco di Monza Dario Allevi. «Da tempo,  vediamo la politica e le università consegnarci ricette per la crescita e per il lavoro, dimostrando una scarsa conoscenza del nostro mondo. Nei suoi sei anni di vita Confimi Industria ha visto succedersi 5 governi che hanno varato leggi e normative inefficaci per creare sviluppo. Il lavoro non si crea per decreto, eppure, a volte si può distruggere per legge!».
Allarmante il quadro economico dell’ultima decade che - ha ricordato Agnelli - ha sancito la chiusura di 750mila imprese, un calo della produttività del 25%, il raddoppiamento della povertà (che oggi  riguarda 5 milioni di concittadini), nonché la svendita di un centinaio di baluardi del Made in Italy a fondi e realtà estere. «Il tutto per voler ottusamente tassare preventivamente elementi - come lavoro ed energia - indispensabili per la sopravvivenza e per la concorrenzialità delle imprese che esportano. Di fatto, si mettono barriere alla crescita e al lavoro. Come è possibile per una azienda italiana crescere con un costo del lavoro che rappresenta l’11% in più del costo medio europeo e addirittura il quadruplo di Romania o Polonia?».
Impossibile non fare riferimento alla Manovra. «È necessario essere prudenti sul reddito di cittadinanza: prima serve una riforma dei Centri per l’impiego. La pressione fiscale? Si preferisca l’inversione degli interventi, dalla riduzione dell’IRES e dell’IRPEF, si passi a quella degli oneri che gravano su costo del lavoro e  dell’energia, per poter alleggerire i costi di produzione delle nostre imprese, rendendole più competitive». E se l’abbassamento al 15% della tassazione sugli utili investiti convince, a non persuadere la Confederazione dell’industria manifatturiera italiana è il limite dei 65 mila euro di fatturato. «Le imprese vogliono tornare a investire, ma le tasse incidono per circa il 65,5% degli oneri totali. Scandalose l’indeducibilità dei costi relativi a telefoni e auto, o di parte degli interessi sostenuti per gli investimenti sui quali grava ancora l’IRAP. Andrebbe rovesciato il paradigma sulla riduzione della pressione fiscale, agendo prioritariamente sulla riduzione della pressione sui fattori produttivi, al fine di realizzare prodotti competitivi per l’esportazione. Lo Stato deve tassare gli utili, non il lavoro».
Sommerso dagli applausi, il presidente ha rivendicato l’eliminazione della disciplina sull’indeducibilità degli interessi passivi eccedenti il 30% del ROL, la soppressione dell’indeducibilità IMU sugli immobili produttivi e dell’IRAP.
E a proposito di dazi: «Non sono fantasmi evocati da Trump all’Europa, ma l’Europa stessa li applica su determinati prodotti e protegge alcune materie. Personalmente li applicherei a tutti quei Paesi che producono in spregio alla dignità dei lavoratori e dell’ambiente in cui operano: penso alla manodopera infantile e a fabbriche che inquinano l’aria e la terra».
Soluzioni reali: come quella del Master in FaBbrica 2019 ideato da Confimi industria insieme al professor Sapelli (leggendario titolare della cattedra di Storia Economica all’università degli Studi di Milano, nonché ex docente di Salvini: i due sono stati protagonisti di un toccante saluto, ) e coordinato dal prof. Danilo Verga. «Un’azienda su tre ha difficoltà nel reperire figure tecniche specializzate, le più ricercate e maggiormente retribuite: periti, tornitori, fresatori. Professioni che si imparano soltanto calpestando il lamierino, studiando alla “scuola del mestiere”. Ecco perché il master sarà tenuto all’interno delle nostre aziende».
Anche in questo caso, l’ambizione è quella di smuovere il mondo del lavoro, dando risposte laddove la politica ha taciuto: perché qualcuno deve pur avere il coraggio di «mettere in moto un’Italia composta da milioni di motorini». In rappresentanza di un Paese desideroso di ingranare la quinta, hanno preso parte alla tavola rotonda anche il presidente di Confimi meccanica (nonché amministratore delegato di Calvi Spa) Riccardo Chini - che ha illustrato i vantaggi del welfare aziendale di Confimi - e Gianluca Tacchella, amministratore delegato di Carrera Holding, il quale ha evidenziato la distorsione di un mercato che impone al suo gruppo di produrre in Tagikistan - a causa dei costi esorbitanti della manodopera in Italia - ma consente ad aziende cinesi di fabbricare a Prato o Napoli, in barba alle regole, realizzando un “Made in Italy” che tale non è.
A conclusione il presidente Agnelli - forte della consapevolezza di essere finalmente riuscito a portare la politica dentro alla fabbrica, per esporre i problemi reali di chi fa impresa - ha lanciato un’accorata richiesta: «Date pure a noi la responsabilità di essere criticati: istituite un Ministero per le PMI! In un Paese che si fonda su questo tessuto è abbastanza paradossale che ancora non esista un dicastero dedicato alla Piccola e media impresa».
SALVINI: «NON CREDO CHE QUALCUNO DEBBA PARLARE A NOME DELL’INDUSTRIA ITALIANA, SE TRA I SUOI ISCRITTI HA  AZIENDE PUBBLICHE»
«La creazione di un Ministero per le PMI? Può essere uno spunto. Sto combattendo da 137 giorni: due volte su tre, quando porto un’idea mi sento dire che a prescindere non si può, perché è complicato, lungo, o una legge del 1923 lo vieta. Sarà un iter complesso, ma troviamoci al Viminale per discuterne. È una sfida che accetto volentieri, perché sono contro ai monopoli della rappresentanza: non credo che ci debba essere qualcuno che parli da solo a nome dell’industria italiana, se poi tra i suoi iscritti ha le aziende pubbliche».
Non ci gira intorno il vice premier Matteo Salvini, e accoglie con entusiasmo la richiesta del presidente di Confimi Industria, Agnelli. Ad accomunare i loro interventi un linguaggio che non attinge alla retorica e punta alla franchezza. «Sono abituato a partecipare ad assemblee piene di pizzi e fiocchetti; oggi, finalmente, ho sentito pronunciare delle parolacce: dazi, sovranità monetaria, aiuti di Stato, tempi lunghi della giustizia, burocrazia. Cose che nei “contesti perbene” è meglio non dire: ma sono stati proprio quei “contesti perbene” ad averci portato dove siamo oggi».
E, ancora: «Non faccio che incontrare imprenditori che mi chiedono di ridurre il peso della burocrazia, accorciare i tempi della giustizia. Se le politiche economiche di questi ultimi anni hanno portato le cose indietro, anziché avanti, forse è il caso di cambiarle. Tanto di cappello a voi, che rappresentate l’eccellenza e fate il doppio della fatica: non so come ci riusciate. Non possiamo avere un tale gap nel costo dell’energia: la Tap li ridurrebbe del 10%. Rispetto ciò che è scritto nel Contratto di Governo e la sensibilità degli alleati, ma credo che l’Italia abbia bisogno di più infrastrutture per andare avanti. Come si possono mettere in discussione la Pedemontana Veneta, quella Lombarda e il terzo Valico? Non credo alla decrescita felice».
«Penso mi abbiano eletto per fare delle scelte, non per tirare a campare. Nessuna transigenza con i furbetti, ma invece parliamo con i tanti piccoli imprenditori che da anni convivono con cartelle di Equitalia che li stanno portando sull’orlo del suicidio. Uno Stato normale con queste persone ragiona, non le condanna. Mi dicono che non si può fare? Volere è potere: se puoi sognarlo, puoi farlo, diceva Walt Disney. La flat tax? Bisogna pagare di meno e compilare di meno. Il nostro principio è semplificare».
E, senza però citare il reddito di cittadinanza. «Sono convinto che il lavoro non si crei per decreto. Non penso che questo Paese abbia bisogno di assistenza, bensì di lavoro vero e di impresa vera». «Sono stato sommerso di critiche quando ho detto che metterei il numero chiuso nelle facoltà umanistiche, anziché in quelle scientifiche e tecniche: abbiamo un esercito di laureati in filosofia e giurisprudenza, ma mancanza di manodopera qualificata. Siamo tenuti a fare delle scelte di crescita per questo Paese, sapendo che accontenteremo qualcuno e scontenteremo altri. Ma per governare, bisogna scontentare».
HANNO DETTO
«Semplificazione e un maggior accesso al credito sono fondamentali: eppure le banche sono brave nel prestare soldi a coloro che ne hanno meno bisogno. Dobbiamo promuovere politiche che agevolino i nostri imprenditori: perché senza il lavoro, non si va da nessuna parte»
ATTILIO FONTANA - PRESIDENTE REGIONE LOMBARDIA
«Le nostre imprese hanno fame di mobilità: chiedono infrastrutture, strade. Vogliamo restare competitivi, per vincere il Gran Premio del futuro».
DARIO ALLEVI - SINDACO DI MONZA
«Questo è il giorno della concretezza, dei proclami: le PMI non puntano a diventare dei colossi, ma ad avere i muscoli per poter competere con loro. Siamo l’emblema di un’Italia che guarda con coraggio al futuro»
NICOLA CALONI - PRESIDENTE CONFIMI INDUSTRIA MONZA E BRIANZA
«La politica che immagino mette in campo tutte le risorse per abolire l’IRAP. Le PMI sono il più grande ente di formazione che esista oggi in Italia. Il reddito di cittadinanza? Credo che la politica debba avere anche una funzione pedagogica».
MATTEO RICHETTI - SENATORE DEL PARTITO DEMOCRATICO
«A novembre rifinanzieremo un bando da 50 milioni di euro a fondo perduto per le aziende che decidano di mettersi in gruppo e mantenere la produzione nella nostra Regione»
FABRIZIO SALA - VICE PRESIDENTE REGIONE LOMBARDIA

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