Economia
Il «Manifesto della Manifattura» di CONFIMI. Un decalogo a sostegno delle PMI
Confimi Industria ha dato appuntamento a Roma ai Presidenti e ai vertici della Confederazione per una giornata di confronto con i nuovi attori della politica per fare un quadro sul sistema manifattura e, più in generale, sulla forza economica e industriale della piccole e medie imprese “croce e delizia” del nostro sistema produttivo. Una galassia di industrie - a seconda di chi sia ad osservarle -, troppo piccole per sedersi al tavolo dei giganti mondiali o agilissime realtà con il dono di adattarsi ai repentini cambiamenti dei mercati globalizzati.
Nonostante le 750 mila serrande abbassate negli ultimi dieci anni, le PMI italiane hanno attraversato il deserto della crisi e sono ancora capaci di fatturare 2000 miliardi di euro, di dare lavoro a 16 milioni di persone e di incidere sul 73,8 per cento del nostro Pil.
In Italia, infatti, lavorano circa 6 milioni di imprese, il 97,7% di queste è composto da microimprese, e, se a queste aggiungiamo quelle che i criteri europei definiscono pmi si arriva al 99,8%.
A scattare questa fotografia è InfoCamere, che ha introdotto l’appuntamento a “porte chiuse” organizzato e promosso da Confimi Industria - lo scorso 26 giugno - e durante il quale la Confederazione, - nata sei anni fa e che oggi rappresenta 30.000 piccole e medie imprese manifatturiere italiane - ha presentato il suo Manifesto della manifattura. Un decalogo, dieci priorità che non possono più essere rimandate e che Confimi ha cavalcato fin dalla sua costituzione. Costo dell’energia, costo del lavoro, accesso al credito, sburocratizzazione e sicurezza nei tempi di pagamento, necessità di adeguare la formazione alle richieste del mercato del lavoro, implementamento dei presidi per l’internazionalizzazione coinvolgendo le ambasciate, un unico contratto per la manifattura, riforma dei codici degli appalti fino alla proposta di istituire un Ministero delle Piccole e Medie Industrie. Ecco i 10 punti che rappresentano le priorità da cui partire per rilanciare l’economia del paese e far tornare centrale il settore nelle strategie di politica industriale.
A discutere il manifesto insieme a Confimi -, rappresentata dal presidente Paolo Agnelli, dal direttore generale Fabio Ramaioli e da una vasta delegazione di presidenti e responsabili d’area provenienti da tutto il territorio nazionale -, alcuni esponenti delle forze politiche e sindacali. «Un mondo economico fatto di piccole, medie e piccolissime imprese che vanno conosciute, capite e aiutate nel territorio in cui insistono, una realtà industriale, quella manifatturiera soprattutto, che va valorizzata nella sua diversità e non abbattuta a favore della globalizzazione», ha detto Paolo Agnelli nel suo intervento al tavolo di lavoro. «Permettere alle nostre piccole e medie industrie di tornare ad essere competitive sui mercati, vuol dire non solo far ripartire l’economia ma anche il mercato del lavoro», ha continuato il presidente di Confimi Industria. «Basti pensare che se un’impresa su tre assumesse un solo nuovo addetto, non avremmo più disoccupazione in Italia. I decisori politici devono prendere atto che la nostra economia è rappresentata, piaccia o non piaccia, da quel 99% - prosegue Agnelli - è inutile adattare logiche che provengono dal Nord Europa oppure perseguire politiche per lo 0,1% rappresentato dalle grandi aziende in Italia».
Sollecitazioni raccolte dal Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Dario Galli, che, nel suo intervento ha sottolineato «Sono cose che tutti noi che lavoriamo nel paese nell’economia reale da tantissimi anni ci diciamo. Quello che gli imprenditori si sono chiesti in questi anni è come mai cose che sono così evidenti e così importanti per il Paese, nel suo complesso, non siano mai stati affrontati in maniera adeguata». E poi, scendendo nel dettaglio, il Sottosegretario ha aggiunto: «Questo governo, che in qualche modo vuole essere il Governo del cambiamento, pur con tutte le difficoltà ha intenzione di mettersi in prima persona a cercare di risolvere questi problemi. Il Ministero che rappresento, ma anche il governo nella sua totalità, è assolutamente impegnato su questi obiettivi. Oggi bisogna partire dalle cose più semplici: dallo spesometro, dall’elenco fornitori che sono problemi quotidiani per chi lavora, fino ad arrivare al redditometro, ai bilanci obbligati, per cui anche se non c’è utile per lo stato c’è e si deve pagare. Tutte cose che i piccoli imprenditori conoscono bene».
Tra gli interlocutori invitati e seduti al tavolo anche la senatrice di Forza Italia Alessandra Gallone che, ascoltate le sollecitazioni degli imprenditori e letto il manifesto ha commentato: «Le piccole e medie imprese italiane meritano un’attenzione particolare, e i loro problemi li abbiamo bene a mente, tant’è che nel documento di risoluzione al Def noi come Forza Italia abbiamo presentato una serie di punti che ben si adattano al manifesto di Confimi» Ha spiegato e ha proseguito: «Per citarne qualcuno: un miglior accesso al credito con lo Stato che faccia da garante, l’abbassamento del costo del lavoro che attualmente non ci rende assolutamente competitivi, il potenziamento delle infrastrutture. Questioni importantissime: come la sburocratizzazione un sistema di flat tax che consenta di ridurre il carico tributario».
È stata poi la volta del senatore del PD Matteo Richetti, figura nota a Confimi Industria per via - anche - del libro scritto a quattro mani con il presidente Agnelli “Piccole per modo di dire”: libro manifesto della volontà di una cooperazione tra industria e politica fuori dalla logica del conflitto d’interesse tipico di storiche associazioni datoriali. Un confronto ragionato che tra incontri attorno a una buona tavola e stoccate reciproche, trova punti di contatto e la volontà di una via d’uscita comune.
Un intervento, quello del senatore, orientato alla competitività e ai mercati. «Le PMI hanno bisogno di politiche puntuali che escano dagli stereotipi di questi anni. Il problema non deriva dalle dimensioni, le PMI quando vanno nel mondo e fanno processi di internazionalizzazione hanno bisogno di un sistema fatto di istituzioni pubbliche, di istituti di credito, di garanzie, di certezze rispetto alla forte competizione che conoscono. Altro aspetto fondamentale è quello di rompere l’idea che la frammentazione e la frantumazione le possa aiutare» E ha proseguito Richetti «Non c’è errore più clamoroso della rottura del mercato con i dazi, della rottura del mercato nella sua dimensione comunitaria, perché chi si muove in un terreno circoscritto come quello del solo paese, dei soli consumi interni, è consegnato alla difficoltà.
E poi serve un cambio profondo delle politiche di credito perché questo è il settore che soffre di più dei nuovi criteri di Basilea, del restringimento delle erogazioni e allo stesso tempo è il settore che garantisce più affidabilità».
Non solo governo e opposizione. A discutere di rappresentanza e lavoro anche il mondo dei sindacati.
Marco Bentivogli Segretario FIM Cisl nel suo intervento ha ricordato: «in questo paese si è tardato troppo a parlare di mercato del lavoro e non di come far ripartire il lavoro e le imprese. Affrontare dentro un manifesto quelli che sono i nodi della competitività del Paese è assolutamente decisivo. La strada più importante è fare massa critica e tutti insieme cercare di occuparsi di industria e di lavoro facendo diventare il territorio italiano un luogo migliore per fare impresa».
A rotazione, uno dopo l’altro, gli interventi dei rappresentanti della Confederazione sul territorio che ogni giorno interagiscono con gli imprenditori e gli amministratori locali. Tanti gli interventi degli ospiti al tavolo, e solo per citarne qualcuno, quelli di Arturo Alberti, Manuela Aloisi, Angelo Artale, Patrizia Asproni, Mario Borini, Francesco Ferrari, Nicola Fontanarosa, Vincenza Frasca, Domenico Galia, Giovanni Gorzanelli, Alberto Griffini, Flavio Lorenzin, Giovanni Lusa, Mauro Orsini, Edoardo Ranzini, Walter Regis, Sergio Ventricelli, Mario Lucenti.
Un manifesto “corale” perché, e non si può dimenticare, punto di forza di Confimi Industria è di certo la sua struttura: una piramide rovesciata, snella nella dirigenza e ben ramificata su tutto il territorio nazionale.