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Economia

RETE MMT

Gli investimenti strategici per costruire il progresso

dicembre 2014

Ogni giorno sentiamo appelli di politici, sindacalisti ed esponenti della società civile uniti nell’invocazione dei tagli alla spesa pubblica. Una ricetta semplice, uno slogan, che sembra essere diventato trasversale.
Nessuno si chiede cosa possa succedere quando un Paese non investe sufficientemente in quelle aree costose, ma nodali, che producono da una parte crescita e sviluppo, e dall’altra una solida imbragatura di sicurezza contro recessione economica e sociale. Nessuno si chiede cosa succede quando non ci si cura più di spendere per il progresso.

Il fondamento della crescita.
Nella storia come nell’immaginario collettivo un’importante crescita è sempre connessa all’implementazione di tecnologie figlie di nuove scoperte tecnico-scientifiche.
I fatti dimostrano come le aziende private non investano, specie in tempi di crisi, in quelle aree con elevata intensità di capitale ed alto rischio tecnologico da cui germogliano innovazione e crescita.
In quasi tutti i settori della scienza la ricerca di base richiede investimenti troppo ingenti e rischiosi per l’azienda privata, tanto che la ricerca statale è diventata la base delle innovazioni epocali dell’ultimo mezzo secolo. Non è un caso che le imprese americane più innovative, come Tesla, Apple e Google, sono il frutto di ingenti investimenti guidati dallo Stato. Investimenti che rappresentano il vero fondamento della crescita.

La struttura portante del progresso.
Un Paese che guarda al futuro, che cresce senza malformazioni in modo equilibrato e completo, è un Paese che non si limita a puntare alla crescita del PIL, ma che ha cura dell’interesse pubblico nella sua interezza. Al fine di sostenere il peso della crescita economica, e non crollare sotto di esso, i territori devono essere preparati ed organizzati sia dal punto di vista sociale che materiale.

Dal punto di vista materiale in primis con la costruzione, l’organizzazione e il mantenimento della loro dotazione infrastrutturale, come le opere contro le calamità (es. alluvioni) o le reti monopolistiche che approvvigionano capillarmente il tessuto economico delle sue quattro linfe vitali: elettricità, acqua, gas e trasporti.

Dal punto di vista sociale, con la costruzione di quel complesso di istituzioni, piattaforme e reti di servizi che conferiscono al tessuto sociale l’ossatura che supporta lo sviluppo della comunità.
Il primo investimento in questo senso, la colonna vertebrale del futuro di un Paese, sono i bambini. Da sanità e formazione nella loro accezione più ampia, dipende la qualità del capitale più prezioso per il tessuto economico:

Il capitale umano.
Molti sono i fronti. Strategico sarebbe garantire l’accesso dei nostri giovani ad esperienze che sviluppino, senza ritardo, le loro passioni tecnico-scientifiche e le qualità personali fin dalla più tenera età: lo sport agonistico per iniziativa e tenacia, tutte le forme artistiche per lo sviluppo dell’immaginazione (elemento fondamentale per un’imprenditoria di qualità) e mobilità studentesca internazionale per l’apprendimento delle lingue sono solo degli investimenti altamente produttivi che solo lo Stato può sviluppare pienamente.

Stato innovatore e stato esattore.
Ovviamente tutti questi investimenti dovrebbero essere fatti tramite la moneta: e qui veniamo al punto spinoso. L’Italia entrando nell’euro ha smesso di essere emettitore di moneta, in queste condizioni può rimanere senza soldi ed è obbligata a focalizzare la propria attenzione non sull’economia reale, non sugli investimenti produttivi, ma su obiettivi contabili: fare cassa è l’eterna parola d’ordine e il debito pubblico un vero problema.

Il nostro Paese si è inserito in un quadro istituzionale in cui nessuno può fare in maniera adeguata gli investimenti che costruiscono il futuro di un Paese. Il quadro istituzionale DEVE cambiare!
Siamo vittime dell’immobilismo e dell’assenza dello Stato, non della sua eccessiva presenza. In alto gli investimenti pubblici e in basso le tasse: creiamo e spendiamo più moneta! Creiamo più debito pubblico! Ivan Invernizzi

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