Territorio
Una carezza per Bergamo
Ho letto spesso i giornali scrivere: «Bergamo è in ginocchio». È vero, ma Bergamo non è in ginocchio solo perché è provata da tanto dolore, ma è in ginocchio perché è in preghiera ed è in ginocchio come l’atleta che si tende con tutte le sue forze per partire con decisione al tanto atteso “start”. Le preghiere infatti non sono formule magiche. La fede non risolve magicamente i problemi, piuttosto dà un’interiore forza per esercitare quell’impegno e quella responsabilità che è di ognuno, in modo particolare in coloro che sono chiamati a arginare e a vincere questo male. A me sembra che in questo momento ci sia un grandissimo bisogno di vicinanza. Nei giorni scorsi, quando ancora non si aveva la percezione della gravità del morbo, si continuava a vivere pensando solo a se stessi. Adesso paradossalmente, pur obbligati a distanze di sicurezza, pur isolati nelle case, ci sentiamo più vicini. L’urgenza ha fatto scattare una solidarietà generosamente impressionante, ma non basta. La solidarietà ha fatto nascere il senso di prossimità. Chi è malato attende innanzitutto la vicinanza di chi lo può curare e sto vedendo un eroismo da parte di medici, infermieri, amministrativi, forze dell’ordine. Ma ho voluto indicare alla diocesi il grande dono che ha ogni cristiano per grazia del Battesimo di essere portatore di benedizione: un padre può benedire i suoi figli, una madre può benedire i suoi cari, i nonni possono benedire i loro nipoti, ma è importante soprattutto nel caso della sofferenza che anche i figli e i nipoti possano benedire i loro cari. E l’ho chiesto con delicatezza e rispetto anche a medici e infermieri: spessissimo in questi giorni nelle corsie vedono morire gente da sola, se percepissero un desiderio sarebbe un dono prezioso che le loro mani potessero offrire anche la benedizione del Signore. Penso ai tanti sacerdoti morti. Stiamo vivendo questa pena condividendola con quella delle famiglie: non siamo separati dalla nostra comunità nemmeno nel passaggio della morte. Ho voluto allora inginocchiarmi davanti al nostro Santo Papa Buono per chiedergli di portare al Signore il nostro dolore e le nostre richieste. L’ho fatto con questa supplica che vorrei ancora condividere con voi: «San Giovanni XXIII, ci rivolgiamo a te, padre di bontà e di tenerezza, pontefice amato e venerato. Sostieni la nostra fede, guidaci verso il bene, difendici dal male. Confidiamo in te ed imploriamo la tua intercessione per tutte le necessità della nostra Diocesi. Ti affidiamo le persone a noi care, specialmente gli ammalati, i giovani ed i bambini. Dal cielo guarda i tuoi figli, come facesti quella sera di ottobre, e dona la tua carezza a ciascuno di noi e a coloro per i quali ti invochiamo. San Giovanni XXIII, domandiamo la tua intercessione per la Chiesa intera e per la pace nel mondo. Fa’ che possiamo imitarti nelle virtù per servire il Signore in umiltà e obbedienza alla sua volontà come facesti tu per tutta la vita. Amen». Che Dio ci benedica.