Territorio
Pezzoli, direttore sanitario del Papa GiovannI: «Possiamo farcela ma servono rinforzi»
La situazione sanitaria senza precedenti che sta tenendo nella morsa tutta Italia, dopo aver colpito duramente la Lombardia, non ha bisogno di alcuna presentazione. Tra le strutture in prima linea nella lotta al Covid19, il Papa Giovanni di Bergamo è stato tra i primi a distinguersi per efficienza e organizzazione, nonostante, come tutti gli altri ospedali, stia accusando la fatica del gestire l’emergenza per l’enorme pressione a cui è sottoposto con decine e decine di pazienti da ricoverare ogni giorno. Il Direttore Sanitario Fabio Pezzoli ha trovato il tempo di illustrarci la situazione.
Dottore, cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane?
Quello che mi aspetto e che auspico, è principalmente che i cittadini capiscano che devono muoversi il meno possibile, solo ed esclusivamente per gli ormai noti giustificati motivi di lavoro, salute, situazioni di necessità. Non c’è molto altro che possiamo fare al momento. Purtroppo non abbiamo a disposizione farmaci che non siano solo sintomatici per abbassare la febbre, retrovirali nati per altre patologie, ventilazione per le polmoniti più gravi, ma di fronte a una problematica per cui al momento non esiste terapia disponibile, ribadiamo l’invito a restare a casa. Più ci si muove e si incontrano persone, maggiore diventa la possibilità di infettare o infettarsi, e purtroppo non è una situazione destinata a risolversi nel giro di pochi giorni.
Suppongo quindi che il picco dei contagi ancora non sia stato raggiunto…
È difficile dirlo, ma credo proprio di no. Potrebbe anche essere raggiunto a breve, ma i numeri che abbiamo in pronto soccorso al momento ci dicono che il virus corre ancora troppo veloce. Al Papa Giovanni viaggiamo tra i 70 e gli 80 ingressi giornalieri in triage.
Le misure adottate dal governo, che ora interessano tutta Italia, sono sufficienti a suo parere?
A mio parere sono giuste e non parlerei neppure di misure drastiche. Anzi, forse potevano essere attuate prima, ma oggi quello che possiamo fare è attenerci scrupolosamente alle regole. Questo virus è qualcosa che non si può vedere, per questo è giusta e ragionevole la richiesta di evitare assembramenti e ritrovi di gruppo, è l’unica misura efficace che abbiamo al momento per proteggerci. Oltre a questo è fondamentale osservare una scrupolosa igiene personale e respiratoria anche quando si è a casa da soli, e a maggior ragione se, per necessità ovviamente, si incontrano altre persone, in questo caso si devono assolutamente mantenere le distanze e adottare tutte le misure e i dispositivi utili a prevenire il contagio.
È reale la notizia che è circolata, che siate costretti ad adottare dei criteri di scelta draconiani nei pazienti da curare?
Assolutamente no. È un dato di fatto che le vittime siano prevalentemente anziani, con comorbilità, difese immunitarie basse o quadri clinici compromessi, che riducono le chance di guarigione, ma questo purtroppo è quello che avviene con qualunque situazione infettiva. Questo ovviamente non significa che la fascia giovane della popoalzione sia al sicuro. Ma che si debbano scegliere i pazienti da curare è un’affermazione che distorce i fatti, ma ovviamente fa notizia e viene ingigantita. Non succede al Papa Giovanni e neppure negli altri ospedali italiani. Abbiamo a disposizione 60 posti in terapia intensiva e ne sono in arrivo altri 10 in subintensiva, aggiungo che se dovessimo riuscire a rinforzare l’organico di medici e infermieri a disposizione potremmo mettere in campo altri 100 posti letto. Ovviamente, dobbiamo avere il personale per gestirli. Ma mi sento di rassicurare sul fatto che in terapia vengono accolti e curati pazienti di ogni fascia, senza la minima distinzione.
Dunque si tratta di una semplice speculazione mediatica…
Esatto, una speculazione. Non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma chiaramente questa notizia è stata fatta circolare con intenti sensazionalistici, e la conseguenza è il panico della popolazione. Teniamo la guardia alta, stiamo facendo fatica, non dico che la situazione non sia complicata. Ma la stiamo gestendo al meglio delle nostre possibilità.
Ribadiamo le norme di sicurezza da osservare in questi giorni.
Chi può farlo e non ha giustificati motivi per muoversi, è meglio che stia a casa. Questo vale soprattutto per over 65, pazienti cronici e fragili o con comorbilità. Per tutti gli altri che non hanno sintomi, le regole sono quelle ormai arcinote: no agli assembramenti, alle riunioni, alle occasioni di collettività. Una persona asintomatica tra gli amici potrebbe essere infetta. Mantenete le distanze e una rigorosa igiene personale e respiratoria.
Quali aiuti vi servirebbero in questo momento?
Abbiamo bisogno di medici e infermieri. Ho rivolto questo appello a tutte le istituzioni possibili, ai media, allo Stato: ci stiamo ammalando anche noi stando a contatto coi pazienti. Possiamo avere gli strumenti e i mezzi per gestire l’emergenza, ma non possiamo farlo se non abbiamo personale. Questo è il principale aiuto che ci servirebbe al momento. Arianna Mossali