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MEDICINA

Roberta Villa

marzo 2021

Donna che sa ciò che vuole e determinata a conquistarlo, giornalista, mamma di sei figli, emblema di realizzazione femminile ed animo intraprendente e frizzante, questa è Roberta Villa, famosa giornalista scientifica che utilizza senza timore i social network per entrare direttamente nelle case delle persone.
Laureata in medicina, ha sempre lavorato nel campo del giornalismo. Cosa Le ha fatto cambiare idea, spingendola così a trovare finalmente la sua strada?
Dopo la maturità classica ho scelto medicina spinta dalla volontà di studiare qualcosa di più concreto. Il mio sogno era andare a fare il medico in Africa per aiutare le persone più bisognose. Oltre a queste intenzioni umanitarie, sono rimasta sempre più affascinata dall’ambito umanistico ed ho affrontato il corso di medicina e chirurgia senza nemmeno considerarla una facoltà scientifica. Durante l’università iniziai a lavorare nella redazione di “Tempo Medico”, la prima e, per decenni la più importante rivista per i medici in Italia. Il medico interno con cui frequentavo il reparto diretto dal professor Claudio Rugarli al San Raffaele di Milano, che aveva lasciato la medicina per diventare  caporedattore del giornale, mi aveva infatti chiesto di sostituire per qualche tempo una collega. Incuriosita accettai e da quel momento capii cosa volessi realmente fare nella vita.
Scienza e social sono spesso visti come opposti inconciliabili, ma Lei si è presa comunque la responsabilità di sperimentare questo approccio. Che benefici ha trovato in questi canali e qual è l’obiettivo che vuole raggiungere con essi?
Credo che l’idea che scienza e social network siano realtà inconciliabili sia ormai superata. In tutto il mondo ci sono  esperienze di divulgazione della scienza attraverso questi canali, che presentano significativi vantaggi, rispetto alla comunicazione tradizionale: prima di tutto, la libertà di espressione, svincolata dalle esigenze di editori e caporedattori;  in secondo luogo, la possibilità di un dialogo  con il pubblico che alimenta una relazione di fiducia: ascoltandolo io stessa apprendo moltissimo, oltre a capire, tramite le domande che mi arrivano, quali sono i dubbi delle persone che chiedono maggiori chiarimenti.
La sua conoscenza delle vaccinazioni è sfociata nel suo recente libro “Vaccini. Il diritto di (non) avere paura”. Qual è il messaggio che voleva lanciare?
Lo si capisce dalla mia insistenza nel voler mettere  la parola “non” tra parentesi nella seconda edizione del libro; volevo sottolineare che la gente ha diritto di aver paura dei vaccini, per tutta una serie di reazioni naturali e irrazionali, ma ha anche il dovere poi di informarsi e capire che è nel nostro interesse e di quello dei nostri figli andare contro questo istinto e vaccinarsi, per tutelare il bene della salute di tutti. In linea col primo, il 25 marzo uscirà il mio nuovo libro che s’intitola “Vaccini. Mai così temuti, mai così attesi”: è comprensibile che i nuovi vaccini anti Covid siano temuti perché sono stati prodotti rapidamente  e con tecnologie innovative ma, nel contempo, sono attesi come non mai perché la vita di molte persone dipenderà appunto da essi. Io stessa fino a qualche mese fa non mi esprimevo su vaccini che ancora non conoscevamo ma, alla luce dei risultati degli studi e della sicurezza dimostrata sul campo, ora non vedo l’ora di ricevere la mia dose.
“Il guerriero gentile. La mia vita, le mie battaglie”, autobiografia del professor Silvio Garattini, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, la cui realizzazione è dovuta anche a Lei. Cosa Le ha lasciato il personaggio di Silvio Garattini?
È stato un grande privilegio poter passare con il professor Garattini tutto il tempo necessario alla stesura del libro. È un personaggio davvero straordinario, sempre in movimento ed in continuo aggiornamento. Nel titolo abbiamo usato l’espressione “guerriero” perché era ed è tutt’ora un combattente, dalle grandi visioni, realizzate controcorrente, senza mai retrocedere dalle proprie convinzioni. Allo stesso tempo è un guerriero “gentile” perché porta avanti queste battaglie senza essere mai aggressivo.
Parliamo di attualità, durante la pandemia Covid Lei è sempre attiva sui social per tenerci costantemente aggiornati, dal lockdown fino alla campagna vaccinale iniziata da poco. Che opinione si è fatta sui vaccini finora disponibili?
Sebbene la sperimentazione del vaccino AstraZeneca abbia avuto qualche inghippo, sul campo si sta dimostrando molto efficace e non va considerato di serie B rispetto ai vaccini Pfizer e Moderna. Tutti i vaccini autorizzati dalle agenzie regolatorie sono sicuri ed efficaci e che quindi valga davvero la pena accettare qualsiasi vaccino ci venga proposto. Anche per  quelli provenienti da Russia o Cina, e in futuro eventualmente da Cuba, occorrerà attendere l’autorizzazione di Ema (Agenzia Europea per i medicinali) che, non solo richiede una valutazione dei dati pubblicati, ma anche di quelli grezzi, oltre a ispezioni sui luoghi di produzione che verifichino impianti, processi e procedure sufficienti a garantire alti standard di qualità. Ciò che più mi ha affascinata delle nuove tecnologie dei vaccini disponibili è che provengono da altre ricerche: quelli a mRNA (come Pfizer e Moderna) venivano studiati anche per le cure contro il cancro, mentre quelli a vettore virale (pur diversi da quelli usati contro Covid) si sono studiati per curare malattie genetiche rare. Mi aspetto che, a seguito di questo sforzo senza precedenti a livello globale, si investa molto di più nella ricerca di base e interdisciplinare ed emergano innovazioni capaci di rivoluzionare la medicina.
Dei vaccini si sa ancora poco, tra le notizie più confuse ci sono la probabilità di poter trasmettere il virus, anche se vaccinati, e la scarsa efficacia di essi contro le nuove varianti. Cosa ci può dire a riguardo?
Anche se stanno uscendo dati rassicuranti, a oggi non si può escludere che chi si vaccina possa comunque sviluppare una forma asintomatica e quindi trasmettere il virus senza saperlo. Ciò non significa che ci si infetti a causa del vaccino. Per quanto riguarda le varianti, sembra  che l’efficacia dei vaccini nei confronti della variante B1.117, detta “inglese”, sia abbastanza conservata, mentre quelle isolate in Sudafrica e soprattutto in Brasile sembrano in grado di sfuggire agli anticorpi indotti dalle vaccinazioni disponibili. Una delle cose positive delle nuove tecnologie vaccinali è che consentono di  riformulare molto rapidamente i vaccini, con un iter di autorizzazione più breve.
Ha dichiarato che le dosi somministrate a studenti e personale sanitario giovane, come ragazzi tra i 20 e i 30 anni a bassissimo rischio di ammalarsi gravemente, sono state uno spreco che ha impedito di tutelare più rapidamente le fasce più a rischio, cioè anziani e persone vulnerabili. A fronte di ciò, crede che il nostro piano vaccinale sia stato mal ideato?
Ad oggi i ventenni hanno ottenuto il triplo delle dosi date alle persone dai settant’anni in su ed io trovo questo fatto inconcepibile. Le linee guida espresse a livello nazionale indicavano giustamente di proteggere in maniera prioritaria il personale sociosanitario per garantire la continuità del servizio, ma la loro applicazione a livello regionale ha esteso in maniera poco sensata queste categorie, includendo persone a rischio bassissimo. Sembra essersi affermata l’idea che lo scopo della vaccinazione fosse raggiungere un’immunità di gregge con il blocco della trasmissione del virus, mentre come abbiamo visto in precedenza, non sappiamo se una persona vaccinata fa da barriera ad altri. Quel che sappiamo con certezza è che una persona vaccinata è in prima persona protetta. Il poter vaccinare subito tutta la popolazione sarebbe in teoria la soluzione migliore ma purtroppo, ad oggi, è irrealistica a causa della scarsa disponibilità di vaccini. Bisogna quindi utilizzare in maniera strategica le poche dosi che possediamo, come si è fatto all’estero, dove si è partiti dalle fasce d’età più fragili per abbattere i ricoveri. L’esempio lampante dei benefici di questo piano vaccinale è la Scozia che, avendo tutelato prima coloro che possono riscontrare complicanze respiratorie, ha quasi azzerato le ospedalizzazioni.
Già dall’arrivo delle prime dosi si sta parlando dell’obbligatorietà dei vaccini anti-Covid, cosa pensa a riguardo?
In linea di massima sono contraria all’obbligo, inoltre, nel momento in cui milioni di persone attendono vaccini che ancora non ci sono, non credo sia rilevante se qualcuno per ora non ha intenzione di assumerli. Mi sembra per il momento un falso problema per spostare l’attenzione dal fatto che non ci sono dosi a sufficienza per tutti.
Un messaggio per i cittadini bergamaschi e coloro che la seguono quotidianamente?
Bergamo è stata di esempio al mondo intero per forza e solidarietà tra i cittadini all’inizio della pandemia. Non perdete mai questo spirito che ho conosciuto nella mia adolescenza, quando ho studiato in città. Ilaria De Luca


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