Personaggi
«Vi spiego l’importanza del marketing in una concessionaria»
Di primo acchito, sembrano due realtà agli antipodi: da un lato il patinato mondo dello spettacolo, dall’altro quello delle concessionarie (più nello specifico, del marketing legato alla promozione di automobili di prestigio). Eppure - sarà che a bordo di una Mini o di una Bmw le distanze si accorciano - sono più vicini di quanto si possa pensare.
O, almeno, lo è stato per Gualtiero Dapri: 60 anni, professionalmente formatosi tra un set e l’altro, ma dal 1988 una delle anime di Lario Bergauto. «La prima concessionaria del Paese a intuire l’importanza del marketing, al punto di aver nominato un responsabile ad hoc (Gualtiero stesso: il quale, però, svicola, pur di non accentrare l’attenzione su di sé) un paio di decadi prima che questa figura fosse istituita ufficialmente, nel 2006», racconta in un inedito amarcord.
Era la seconda metà (abbondante) degli anni Ottanta. «Tre imprenditori - uno dei quali era il produttore cinematografico per il quale, all’epoca, lavoravo a Milano, titolare di Film Makers - rilevarono questa concessionaria. Collaboravamo già con BMW, per la quale avevamo realizzato alcuni spot pubblicitari; al produttore venne l’idea di creare una figura marketing su Bergamo, affinché si dedicasse all’acquisizione di spazi pubblicitari e alla realizzazione di eventi: la scelta ricadde su di me. La festa di inaugurazione al Casinò di San Pellegrino fu memorabile: basti pensare che a suonare dal vivo chiamammo l’orchestra filarmonica russa che aveva aperto le Olimpiadi di Seul, tenutesi l’anno precedente. E che, tra gli ospiti, figurava anche Colin Chilvers, premio Oscar per gli effetti speciali di “Superman 3”, con il quale stavo girando degli spot per BMW Italia».
Per tre anni Gualtiero continua a lavorare a Milano, conciliando il marketing della concessionaria con le produzioni. «Feci campagne importanti: penso a Yomo, Birra Ichnusa, orologi Sector, o a quella dei collant Oroblu, che lanciarono la top model Amber Smith nel nostro Paese. Oltre ai vari spot BMW 318 is, BMW Serie 3, BMW Serie 3 Touring… Commercial di alta gamma, trasmessi sia dalla Rai che dalle reti Mediaset prima del telegiornale. Eppure, realizzai di avere una netta predilezione per il mio nuovo impiego: sarà che nella produzione cinematografica puoi mettere del tuo soltanto per quanto riguarda la ricerca del regista, delle modelle o delle location; mentre in concessionaria toccavo con mano il marketing puro, più tangibile: la ricerca del cliente. I risultati sono concreti e percepibili in tempo reale».
Nel frattempo Bergauto (rimasta soltanto a uno dei tre soci iniziali, Duilio Dapri, fratello di Gualtiero, ndr) si era trasformata in uno dei fiori all’occhiello di BMW: al punto che la casa madre tedesca volle fosse tra le prime concessionarie dotate di un responsabile marketing (un’operazione che, per altro, vide l’Italia essere Paese pilota in un progetto successivamente esportato su scala mondiale). «A consacrare definitivamente questa realtà fu l’acquisizione da parte del dottor Mariani, nel 2002: un uomo che gestiva personalmente il marketing nella sua concessionaria BMW», sottolinea.
Ed è con l’inizio del nuovo millennio che le pubbliche relazioni e il marketing sul territorio si intensificano. «Uno degli eventi di cui vado più fiero è la grande festa organizzata al teatro Donizetti per la riconsegna alla città degli harmonium ottocenteschi: concerto gratuito, cena di gala per cinquanta coppie nel Ridotto, una performance ispirata a “Cats” e un bellissimo acquarello di Franz Cancelli per ogni invitato. O la prima - sia a Bergamo che a Sondrio - di “Mission Impossible”: abbiamo affittato una sala cinematografica, esponendo all’entrata la Serie 3 - al centro di diverse scene del film -, e offerto una bibita e pop corn a tutti i presenti. Senza dimenticare la “Festa del segno” al Bobadilla, replicata con successo per 25 anni».
Epocale anche la campagna a scopo benefico che vide protagoniste alcune belle signore della “Bergamo bene” (le presidentesse di Inner Wheel e Lions), o la mongolfiera in Fara, insieme ai Lions, per permettere ai bambini di ammirare la Città dei Mille dall’alto. E, ancora, le sfilate in concessionaria, la mostra di Michael e Edgar Ende a Palazzo della Ragione, le visite guidate in Carrara e in Gamec, le automobiline donate alla pediatria dei Riuniti prima, del Papa Giovanni, poi, la raccolta fondi a favore dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. «Sono profondamente convinto del fatto che una realtà commerciale che guadagna sul territorio abbia il dovere etico di restituire ciò che riceve, facendo del bene alla comunità», puntualizza.
A tutt’oggi gli eventi continuano a essere una delle carte vincenti di Lario Bergauto: «Ne realizziamo per il lancio di ogni nuova vettura. Parecchie pure le sinergie con gli ordini professionali e le associazioni, così come le iniziative di co-marketing che ci vedono coinvolti. Penso al sodalizio con alcuni prestigiosi negozi di abbigliamento: come il servizio di car valet utilizzando le ammiraglie, Serie 7, per gli ospiti della più famosa boutique del centro, in occasione di una cena in piazza Vecchia, o alle sfilate nella sede di Grumello e in location per un altro noto atelier. Oppure, alle partnership con gioiellerie di Bergamo e Lecco, che ha portato alla creazione di vetrine con orologi di pregio per alcuni eventi in concessionaria. Alle degustazioni di vini presso le migliori case vinicole della Valcalepio, o alle collaborazioni con ristoranti stellati».
Mai nessun rimpianto per aver detto addio al patinato mondo dello spettacolo? «Affatto: seguire una produzione è interessantissimo, ma la soddisfazione di creare da zero un evento sul tuo territorio, del costruire le relazioni, non ha davvero uguali. La paragonerei alla differenza che esiste nel possedere una borsetta di lusso, o un’intera boutique. Vorrei fosse chiara una cosa: alla base deve esserci una grande azienda. Io non sono che un supporto al valore della concessionaria. Sono un uomo estremamente fortunato: sono passati trent’anni, eppure ho lo stesso entusiasmo che avevo all’inizio. Non esiste lusso maggiore del poter guadagnarsi da vivere facendo ciò che si ama. Con questo entusiasmo, cerco di contagiare chi mi circonda: soprattutto i colleghi più giovani. Auguro a loro, e a tutti gli altri, di poter trovare la loro strada».