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COME CAMBIA LA GIUSTIZIA
Riforma Cartabia, riduzione dei tempi dei processi, PNRR, investimenti nei tribunali e utilizzo della tecnologia. Rendere la giustizia italiana più efficiente è stato spesso considerato un intervento fondamentale non solo per garantire la tutela dei diritti dei cittadini ma anche per le ricadute positive sull’economia e sulle imprese, come fattore di competitività e di attrazione degli investimenti dall’estero. A fare il punto sui temi più caldi della giustizia è Vittorio Masìa, Presidente del Tribunale ordinario di Brescia.
Il più recente e corposo intervento in materia di giustizia risale alla riforma Cartabia, promossa dal governo Draghi. Quali sono i cambiamenti principali introdotti?
Cominciamo dal settore civile. Il testo legislativo elaborato dal governo si propone di realizzare il riassetto “formale e sostanziale” della disciplina del processo civile di cognizione, del processo di esecuzione, dei procedimenti speciali e degli strumenti alternativi di composizione delle controversie mediante interventi sul codice di procedura civile, sul codice civile, sul codice penale, sul codice di procedura penale e su numerose leggi speciali. La complessità dell’intervento si giustifica in ragione del fatto che questa revisione presuppone un’attenta opera di coordinamento e modifica delle disposizioni vigenti.
Allo stesso modo per il settore penale. Il filo conduttore degli interventi è rappresentato dall’efficienza del processo, in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’UE, nonché del raggiungimento degli obiettivi del PNRR, che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio. La riduzione dei tempi del processo penale è altresì funzionale a completare il percorso di riforma avviato con l’introduzione dell’improcedibilità dell’azione penale per superamento dei termini di durata massima dei giudizi di impugnazione.
A conferma del fatto che una delle sfide più grandi rimane quella della durata ragionevole del processo: quali criticità rimangono e come superarle?
Su un processo penale ragionevolmente breve ed equo tutti, comprensibilmente, concordano. Diverse sono state le soluzioni “tecniche” proposte o attuate nel corso del tempo. In estrema sintesi, si può dire che la migliore riforma possibile cammina su risorse - innanzi tutto umane, e quindi materiali - autentiche e disponibili, alle quali oggi si affianca l’innovazione, già avanzata nel settore civile (ad esempio, con il processo civile telematico, il PCT) e in via di implementazione in quello penale (con il TIAP ed altri applicativi). Il che vuol dire che non si deve avere paura ad investire nella giustizia e a destinarle risorse adeguate. La riforma Cartabia si muove esattamente in questo senso.
Processo penale: hanno fatto discutere le novità relative al carcere ostativo. Qual è la sua posizione su questo tema e in generale sulla carcerazione preventiva?
Si tratta di aspetti diversi, anche se intimamente connessi. Gli interventi sul sistema sanzionatorio rispondono a una duplice finalità: diversificare e rendere più effettive e tempestive le pene (riforma delle pene sostitutive delle pene detentive brevi - semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria -, riforma delle pene pecuniarie principali - multa e ammenda - con introduzione di un nuovo sistema di esecuzione, riscossione e conversione in caso di mancato pagamento) e incentivare la definizione anticipata del procedimento attraverso i riti alternativi, la sospensione con messa alla prova, l’archiviazione o il non luogo a procedere per particolare tenuità del fatto, la remissione della querela, l’estinzione del reato (e delle contravvenzioni in particolare) a seguito di condotte riparatorie, ripristinatorie e risarcitorie.
Sul carcere ostativo mi limito a richiamare l’ordinanza con la quale la Corte costituzionale - dopo due rinvii disposti per concedere al legislatore il tempo necessario al fine di intervenire sulla materia - ha nuovamente esaminato, nel novembre 2022, le questioni di legittimità costituzionale del cosiddetto ergastolo ostativo. Oggetto di scrutinio erano le disposizioni che non consentono al condannato all’ergastolo per delitti di contesto mafioso, che non abbia utilmente collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale (pur dopo aver scontato la quota di pena prevista e pur risultando elementi sintomatici del suo ravvedimento). La Corte costituzionale - in seguito all’intervento del Governo Meloni (del 31 ottobre 2022) che contiene misure urgenti su questa materia ha deciso di restituire gli atti alla Corte di Cassazione (che aveva sollevato la questione), a cui ora spetta procedere a una nuova valutazione.
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La “fusione” dei due tribunali si presenta articolata e complessa, e non è di imminente attuazione, se non nel rito. Quanto ai fenomeni segnalati, sembra quasi superfluo sottolineare che essi non possono essere affrontati solo con strumenti coercitivi, a carattere penal-preventivo-sanzionatorio. È opinione condivisa che essi nascono e proliferano nell’area del disagio e della emarginazione, aspetti che impongono un approccio inevitabilmente più ampio, con il necessario coinvolgimento di più attori a cominciare dalla famiglia, dalla scuola, dagli enti locali, dal Terzo settore, per citarne alcuni.
Qual è la sua posizione sulle pene alternative e i programmi di giustizia riparativa?
Assolutamente favorevole, perché si muovono nel segno dell’attenzione all’individuo, sia esso condannato o persona offesa del reato. Spesso il carcere restituisce invece recidiva, ulteriore contaminazione e, in definitiva, devianza, a prescindere dalla definitività della pena, e non può costituire modalità esclusiva di rieducazione del condannato.
Anche recentemente ha ribadito le difficoltà per il Tribunale di Brescia dovute alla cronica carenza di organico nella giustizia. Quali attività subiscono le maggiori criticità?
Nel settore civile sicuramente la Protezione internazionale. In quello penale l’attività penale dibattimentale. Si consideri che Brescia è sede distrettuale, ragion per cui alcune competenze - civili e penali - sono concentrate nel Tribunale della sede, piuttosto che in quelli circondariali di Bergamo, Cremona e Mantova.
Che ruolo sta assumendo la tecnologia - e in particolare l’Intelligenza Artificiale - nei tribunali e all’interno dei processi?
L’Intelligenza Artificiale è una grande opportunità di progresso tecnologico, ma non esaurisce interventi e aspettative. Nel settore della giustizia occorre muoversi con prudenza, senza deleghe in bianco ad applicativi ancora in fase di sperimentazione: la macchina è al servizio dell’uomo, e non il contrario. Nel Distretto bresciano è in corso un interessante esperimento-ricerca sulla giustizia predittiva che vede il coinvolgimento dell’Università degli Studi di Brescia, della Corte di Appello e del Tribunale ordinario di Brescia: prescindendo dall’algoritmo predittivo, si mira a condividere con stakeholder ed operatori esterni gli indirizzi più consolidati nelle materie del lavoro, della previdenza e dell’impresa, in maniera da fornire quelle informazioni che possono limitare il contenzioso e i relativi costi economico-sociali-aziendali. Daniele Cavalli