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Personaggi

CARLETTO BIANCHESSI

«A teatro va in scena il racconto che è la vita»

novembre 2015

Il nostro mensile ha incontrato Carlo Bianchessi (detto “Carletto”), comico nato al Derby di Milano, poi approdato al cinema (in film cult con Massimo Boldi e Christian De Sica) e in televisione: nel corso della sua carriera ha infatti partecipato al “Raffaella Carrà Show”, ha svolto importanti ruoli nella fiction “Un posto al Sole” e in numerosi caroselli pubblicitari, mentre attualmente è in forza a Colorado Café su Italia Uno e allo “Zelig” di Milano in viale Monza 140. E la nostra piacevole chiaccherata (definirla istituzionalmente “intervista” con lui sarebbe impossibile, ti stroncherebbe con una battuta fulminante) è partita proprio dagli anni’80, ossia da quando iniziò a solcare uno dei palchi più famosi d’Italia.

Lei ha iniziato la sua carriera al Derby di Milano: cosa ha tratto da quell’esperienza?
E’ stata un’esperienza unica. Il Derby Club di Milano è stato il tempio del cabaret nazionale, il luogo dove sono nati grandissimi artisti: Jannacci, Boldi, Teocoli, Faletti, solo per citarne alcuni. Trent’anni fa iniziai quindi a esibirmi in questo locale, sulle cui ceneri è nato Zelig: è stata una scuola di pensiero, non di matrice politica, bensì di comicità: una storia unica, di cui ancora oggi si parla. Allora si respirava un’aria di grande positività, chi calcava quella pedana era una sorta di prescelto: il pubblico del Derby era infatti molto preparato e colto e sul palco potevi toccare il cielo con un dito. Lì ho fatto la mia gavetta, studiando quella scienza che è la comicità. E non ho mai smesso.

La gestualità e l’utilizzo dei suoni rappresentano alcuni dei tratti peculiari delle sue esibizioni. Quanto conta la sua formazione teatrale, in questo senso?
La comicità è basata molto sul linguaggio del corpo, sull’espressione facciale, sulla mimica, ma a contare sono soprattutto le parole. Sono come le note di un musicista, modulando la voce o abbassando i toni: servono a comunicare un’emozione, che è la risata. In questo senso il teatro serve tantissimo, è la madre di tutti gli attori, che siano comici o drammatici. E chi va a teatro sa cos’è: chi va al PalaCreberg, chi va al Donizetti ci va per motivi specifici e anche personali: è una questione di apertura mentale. Scendono le luci, si alza il sipario e inizia il racconto che è la vita.

Lei ha esasperato, in chiave comica, il rapporto con i social network e la tecnologia. Come stanno cambiando il nostro modo di vivere, a suo giudizio?
E’ il villaggio globale in cui tutti sono online. Però c’è una cosa che i satelliti non riescono a capire: se vuoi sapere le previsioni del tempo dei prossimi tre giorni vai online e le vedi, ma non potrai mai conoscere ciò che accadrà nella mente degli uomini nei prossimi tre giorni. A volte mi viene il mente quel film con Jim Carrey, “The Truman Show”, in cui aveva vissuto tutta la sua vita inconsapevolmente dentro un reality show: non siamo molto lontani, ci manca solo che ognuno di noi abbia un piccolo satellite personale sulla testa e poi siamo a posto. Non so quindi se la tecnologia può servire a riempire anima e cuore di una persona: per me i sentimenti non sono tecnologici, né dei satelliti.

A proposito di web e comicità, cosa ne pensa di Grillo?
Grillo ha basato tutto su un linguaggio molto verbale e fisico. Ma sai quanti italiani ha fatto ridere Beppe Grillo? Tantissimi. E’ come Totò, è inimitabile: uno così nasce una volta ogni 300 anni.

Secondo lei Grillo è un comico prestato alla politica o è la politica che è sempre più simile a uno spettacolo?
Non credo sia il suo mestiere, non è il suo humus: Grillo è un grande comico. Ha fatto una scelta, rispettabile, ma secondo me quel mondo non è adatto a lui, nonostante il comico abbia il dovere di dire le cose che gli altri non dicono. La politica però è rigore, anche passione, ma di certo non spettacolo.

Lei non ama parlare di politica nei suoi spettacoli, eppure ogni tanto prende in giro la cancelliera tedesca Angela Merkel...
La paragono all’italiana Bindi: per comandare e avere potere non basta essere belli, serve molto altro. E oggi i tedeschi si fanno comandare da una donna come lei: questo la dice lunga, quando accadrà in Italia? Altro che quote rosa...

I bergamaschi sanno ancora ridere e scherzare di loro stessi? O si prendono troppo sul serio?
Non posso credere che Bergamo, che è la città di Arlecchino e di Donizetti, non abbia il coraggio e il futuro per rendere una vita felice dopo tanto lavoro e sacrificio. E infatti non è così. Se andiamo a vedere alcuni personaggi hanno usato molto i tratti tipici del bergamasco, che è una parlata simpatica, molto socievole, che a me fa anche ridere. Bergamo è una grande città, una città colma di storia e di cultura: Arlecchino è la commedia dell’arte, non dimentichiamolo. Riusciva a prendere in giro i potenti con un’intelligenza atroce.

Lei usa molto il giallo, i colori pastello nei suoi spettacoli e nei suoi costumi di scena: perché?
Mi piacciono molti i colori solari, anche perché di grigiore in giro ce n’è anche troppo. L’anima, però, non ha colore.

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