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La didattica online?

aprile 2020

La scuola ai tempi del Coronavirus. In ogni ordine e grado, asili, scuole, licei e atenei si sono dovuti attrezzare in corsa per ottemperare alle richieste di una didattica online che forse da tempo avrebbe dovuto essere attiva e corrente, senza bisogno che ci fosse una pandemia a sancirne la necessità. Ma tant’è: a Bergamo forse più che altrove, non vi è l’abitudine di lamentarsi, recriminare o ragionare col senno di poi. Tra i tanti istituti, a dare l’esempio è ancora una volta l’Università degli Studi. Il Magnifico Rettore, prof. Remo Morzenti Pellegrini, ci relaziona sull’adozione e i progressi dell’online learning nell’ateneo.
I dati di cui oggi disponiamo sono molto confortanti per l’attività. Abbiamo iniziato la messa online il 4 marzo e a distanza di venti giorni stiamo coprendo oltre il 98% degli insegnamenti attivabili, salvando sostanzialmente il semestre. Ci tengo a dire che non siamo, non siamo mai stati e non saremo mai un’università telematica.
Sono comunque rimasto sorpreso dell’immediatezza dell’adesione che ho ricevuto da parte non solo degli studenti, ma anche da parte dei docenti. Chi ha temporeggiato, lo ha fatto solamente sperando, in buona fede, che la situazione si potesse risolvere nel giro di pochi giorni. Tenga conto che siamo stati tra i primi a sospendere le attività didattiche, il 21 febbraio. Ormai la didattica a distanza ha una copertura pressoché completa degli insegnamenti. Altra sorpresa positiva è stata la rapidità con cui siamo riusciti ad essere operativi, considerando che non tutti hanno la medesima preparazione digitale, e che anche le discipline sono diverse tra loro: se per una materia umanistica, come lettere o filosofia, la didattica in remoto appare comunque una soluzione ragionevole, per materie più tecniche ci siamo dovuti dotare di lavagne interattive, tablet... È stata una sfida, che ci ha portato a mettere in campo rapidamente degli investimenti, ma oggi posso dire con orgoglio che è una sfida che abbiamo vinto.
Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che mi ha chiamato per informarsi sulla situazione e trasmetterci la sua vicinanza e solidarietà, si è complimentato per i risultati raggiunti. Mi ha fatto enormemente piacere e ho voluto subito condividerlo con tutta la nostra comunità.
La situazione contingente ha reso necessaria questa misura, ma dalle sue parole mi sembra di cogliere che nessuna tecnologia possa sostituire la componente di relazione umana che sta dietro all’insegnamento.
Faccio una riflessione di carattere generale: è ovvio che questa situazione, oltre ad essere rischiosa per la salute, è limitante. Un’università tradizionale come la nostra è votata ad una relazione diretta con lo studente, e questo ci ha spinto a riflettere sul carattere e gli obiettivi della nostra missione. Quando, spero presto, questa emergenza sarà finita, tutti, docenti e studenti, torneremo ad apprezzare maggiormente la nostra quotidianità fuori e dentro un’aula. A fronte di questo limite, dobbiamo però saper cogliere anche le nuove opportunità che ci offre: nelle mie comunicazioni agli studenti, ho ricordato che alcune delle tecnologie informatiche più in uso permettono di vedere il volto del proprio intelocutore contemporaneamente al nostro, così che scopriamo le nostre reazioni facciali in rapporto a quelle dell’altro, stabilendo nuovi modi di costruire una relazione dialogica. La connessione digitale significa, dunque, anche nuove forme di relazione.
Lo ha confermato lei stesso, avete scoperto, in una situazione di necessità, strumenti che, a condizioni normalizzate, potrebbero essere sfruttati in un’ottica diversa.
E non escludiamo che, ad emergenza conclusa, questi strumenti possano essere integrati nella didattica tradizionale, senza, ripeto, sostituirla, per fare fronte a situazioni in cui gli studenti sono impossibilitati a presenziare: pensiamo agli studenti lavoratori, ai fuori sede che hanno problemi a trovare alloggio, pensiamo a uno studente messo in difficoltà da una malattia o una disabilità, o da qualsiasi grave situazione contingente. Ci sono molti contesti in cui gli strumenti che stiamo scoprendo possono tornare utili.
Potrebbe essere un segno di grande vicinanza agli studenti, che in questo modo percepiscono che l’impegno di mesi o di tutto l’anno non viene vanificato o comunque ritardato.
Il primo banco di prova che abbiamo dovuto affrontare è stato proprio quello della sessione straordinaria di tesi di laurea. E, trattandosi di un impegno eccezionalmente importante, il messaggio che abbiamo voluto lanciare agli studenti è stato proprio quello della massima normalità possibile. Io stesso, lo confesso, avevo i miei dubbi, come altri colleghi. Avevo probabilmente un retaggio culturale che mi faceva temere la freddezza dell’interazione a distanza. Ho voluto presiedere personalmente tutte le discussioni (normalmente il presidente di commissione proclama su delega del rettore, ndr) sia per dare un messaggio di vicinanza, seppur virtuale, ai candidati in queste circostanze eccezionali, sia per dare l’esempio ai colleghi e testare direttamente la modalità. Quarto e più importante motivo, non abbiamo voluto rallentare la carriera dei nostri laureandi, precludendo loro l’opportunità di iscriversi a livelli superiori o a un concorso.
Per gli studenti è stato difficile adattarsi a questa procedura e alla stranezza di una laurea in isolamento, così diversa dall’immaginario comune?
Nulla può sostituire l’atmosfera di una sessione di laurea dal vivo, ma siamo riusciti a trovare un equilibrio. Al laureando veniva richiesto di trovarsi solo in una stanza per la discussione, con la commissione collegata in diretta, e gli eventuali relatori residenti in altre regioni, più cinque postazioni scelte dallo studente stesso per parenti e amici, anch’essi connessi da casa. Il collegamento veniva sospeso giusto per il tempo della discussione del voto, dopodiché avveniva la proclamazione, alla quale, se presenti in casa, potevano prendere parte i familiari. Mi sono preso pubblicamente l’impegno, tramite una lettera inviata a casa a tutti gli studenti, di arginare il disagio legato a questa sessione così inusuale, con un grande e festoso evento pubblico, una sorta di graduation day che celebreremo appena possibile. Devo però dire che, anche se a distanza, i laureandi erano per la maggior parte comprensibilmente emozionati, e questo, insieme alle reazioni dei familiari che venivano invitati a entrare al momento della proclamazione, ha reso il tutto più normale, spontaneo, commovente. Ricordo in particolare una mamma che ha insistito per prendere la parola, con la figlia che cercava in tutti i modi di impedirglielo, e mi ha ringraziato pubblicamente per aver reso tutto questo possibile, e per la lettera con cui avevo spiegato la situazione agli studenti, dicendomi che l’aveva commossa perché aveva intuito che avevo parlato più da genitore che da professore. Ammetto che, se non avessi già proclamato, avrei avuto difficoltà a farlo, perché sono stato colto dall’emozione io stesso. Il fatto di essere riusciti a rendere umano un momento potenzialmente algido mi ha fatto ricredere, anche se non tutto rientrava nelle linee guida che ci eravamo dati.
Dunque, a fronte di una difficoltà, abbiamo scoperto un’opportunità, che non va a toccare l’indotto e il prestigio dell’ateneo, ma anzi lo rafforza?
Il senso della nostra missione non sta solo nel trasmettere nozioni, ma anche nell’aiutare i ragazzi a sviluppare un pensiero critico che li aiuti ad affrontare in modo proattivo contesti come quello che stiamo vivendo. Bergamo sta diventando un riferimento anche per altri rettori in questo momento. Nell’ipotesi che l’emergenza non si risolva in tempi brevi, stiamo già predispondendo un calendario per portare, in questa modalità, anche gli esami di profitto. Questo, lo ribadisco, non per muoverci nella direzione di diventare un ateneo online. Il rapporto umano resta imprescindibile. Ma noi non restiamo a guardare, ci faremo trovare preparati e troveremo, come stiamo facendo, nuovi modi per essere umani anche a distanza. Ricevo mail di sostegno e di ringraziamento da parte di molti studenti, che, attraverso le mie comunicazioni e la didattica online, si sentono parte di una grande famiglia, la quale, salda e unita, riesce gestire le difficoltà drammatiche di questi tempi. Ormai sono noto a tutti per il mio “abbraccio a un metro di distanza”, al punto che anche il Presidente Mattarella mi ha chiesto se poteva unirsi a me in questo abbraccio virtuale a tutta la comunità di UniBg. Arianna Mossali

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