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ROME - Rottigni Officina Meccanica: Mai darsi per vinti combattere sempre
«Tutto», ci racconta Giuseppe Valtorta CEO di Rottigni..., «è nato dalla mia passione per il tiro sportivo». La Rottigni Officina Meccanica era un’azienda in crisi ma alla fine si è rialzata, cambiando business tra mille difficoltà ed un aiuto inaspettato dalle autorità e nello specifico dalla Questura di Bergamo. È una storia di successo e di caparbietà quella che vi vogliamo raccontare questa volta, in esclusiva, per voi, nostri cari lettori. Non capita tutti i giorni, infatti, di poter visitare una fabbrica d’armi, divenuta in pochi anni un’eccellenza nel settore dei fucili di precisione. È la storia della Victrix Armaments, nata come brand d’azienda della Rottigni O.M., oggi distribuita dalla realtà Fabbrica D’Armi P. Beretta. «La prima volta che sono venuto qui era il 2013; sono venuto a dare un’occhiata, insieme ad un amico ora, per capire se si poteva tentare il recupero dell’azienda oppure se bisognasse lasciarla al suo probabile destino: la chiusura definitiva. La prima impressione fu di una realtà sofferente, poco organizzata e rassegnata che lavorava in settori a bassa redditività. Immediatamente, però, mi accorsi che c’erano delle teste pensanti e, soprattutto, c’era la tecnologia da cui poter ripartire».
Eravate un’azienda metalmeccanica. Siete diventati armaioli. Come è accaduto?
L’azienda lavorava come terzista nel settore delle macchine tessili ma, negli ultimi anni complice la crisi di settore, aveva iniziato ad andare molto male. A Natale del 2014, esattamente la Vigilia di Natale, spenti i reparti ed i macchinari, mi sono ritrovato a tirare le somme del primo anno della nuova gestione. In quel momento, mi sono reso conto che, pur avendo dato il massimo ed avendo riorganizzato l’azienda, avevamo raggiunto soltanto il pareggio: non poteva bastare; pur essendo certamente un risultato positivo dopo anni di perdite, il pareggio non bastava per pensare a degli investimenti dal punto di vista tecnico e tecnologico. Il nostro business non era abbastanza redditizio, bisognava far qualcosa; cambiare business. Riflettendo sulle potenzialità esistenti, mi è venuta l’idea di riconvertirci: avremmo fatto armi per il tiro di precisione. Successivamente, ho pensato al nome, all’organizzazione, ai prodotti ed, a gennaio 2015, abbiamo iniziato con un prototipo di arma che abbiamo presentato due mesi dopo alla fiera IWA di Norimberga.
Ha disegnato lei il primo prototipo della vostra riscossa aziendale?
Sì, completamente. Diciamo che l’esperienza specifica in questo settore era solo mia. Accanto a me, ci sono dei ragazzi assolutamente validi però non avevano esperienza nel settore armiero.
Cosa è accaduto successivamente?
Ci siamo organizzati, abbiamo studiato, fatti gli esami necessari per le abilitazioni specifiche abbiamo richiesto le licenze e tutto quello che serviva e siamo diventati fabbrica d’armi. Alla fine del 2015, decidiamo di presentarci al grande pubblico, fare la prima fiera in autonomia. Così, alla fiera più importante in Europa, quella di Norimberga, ci presentiamo con il nostro stand ed un catalogo completo, fatto di ben ventuno armi diverse.
In un anno avete progettato e realizzato da zero un catalogo di ventuno armi?
Sì, certamente. Inoltre, con queste creazioni, siamo riusciti a vincere, in un solo anno, diverse competizioni sportive, a livello nazionale ed internazionale. Grazie a ciò, abbiamo acquisito rinomanza ed un buon seguito. Tornando a quanto accaduto a Norimberga: ci presentiamo, raccogliamo elogi e subito dopo iniziamo a crescere nel mercato, riuscendo a sfruttare al massimo tutte le opportunità che, di volta in volta, si sono presentate finché, durante il 2016, ci contatta Beretta (Fabbrica d’armi Beretta ndr): volevano capire se eravamo interessati ad una collaborazione che, poi, è sfociata in una cessione del brand.
Qual’è stato il segreto che ha permesso di riuscire a crescere così velocemente? Come avete fatto a riconvertirvi in un solo anno?
A dire il vero, dobbiamo prima di tutto ringraziare le istituzioni, non certo le banche. Contrariamente a quanto si può pensare, oltre a non essere state d’aiuto, hanno cercato di metterci i bastoni tra le ruote dal primo giorno in tutti i modi immaginabili. Le banche si sono svegliate solo quando è nata l’operazione di rilancio perché hanno capito che potevano prendere e, quindi, sono passate subito all’incasso al posto che darci una mano, fin dall’inizio, per non fare morire un’attività e la conseguente serenità delle famiglie che nella nostra azienda ci lavoravano. Comunque sia, quando ho avuto l’idea di aprire una fabbrica d’armi, come prima cosa ho pensato di andare in Questura, all’Ufficio armi. Qui ho incontrato un funzionario, il Responsabile dell’ufficio, che mi ha guidato, con professionalità, nel percorso di accreditamento. È stato praticamente il nostro “consulente”, un vero punto di riferimento lungo tutto l’iter autorizzativo, e questo nessuno se lo aspettava. Questo funzionario pubblico è una persona molto precisa e rigorosa; con lui, le cose non devono andare quasi bene, ma bene. Mi ha detto fina dal primo giorno, che se avessimo seguito la legge, saremmo partiti in breve tempo. Così è stato. Abbiamo avuto la licenza e, nel giro di pochissimo tempo, eravamo pronti a colmare una lacuna industriale nel panorama orobico. Ad oggi, infatti, in bergamasca, non esiste nessun altro, come noi, che cura la produzione di armi dalla materia prima fino all’arma finita.
Nel frattempo, avevate già strutturato lo stabilimento per partire oppure siete partiti solo dopo aver conseguito le licenze necessarie?
La produzione e prototipazione è iniziata solo dopo aver avuto le autorizzazioni necessarie. Ovviamente c’eravamo già attrezzati dal punto di vista tecnologico. Abbiamo fatto tutto quello che ci hanno chiesto di fare e crediamo di averlo fatto nel migliore dei modi, in accordo con le istituzioni che, per quanto ho potuto vedere, si sono messe dalla parte dell’imprenditore: ci hanno chiesto le cose con il buon senso, certamente rispettando la legge, ma mettendoci in condizione di capire questo nuovo mondo e partire in breve tempo. Fossero tutte così le interfacce per gli imprenditori, le cose andrebbero bene per tutti.
Quali prospettive per il futuro?
Lanceremo a giorni un nuovo marchio, ROME - Rottigni Officina Meccanica - specializzato nella progettazione e costruzione di complementi ed accessori per il tiro di precisione. Oggi, l’ottanta per cento dell’officina fa materiale d’armamento e, per il restante venti, facciamo meccanica industriale: teniamo solamente pochi clienti ad alto contenuto tecnologico; è una scelta strategica perché mi piace avere clienti esigenti che mi tengano in qualche modo attivo con nuove sfide e nuovi problemi. Inoltre, è ben avviata la collaborazione con Beretta (Fabbrica d’armi Beretta ndr) che è arrivata quando avevamo già un catalogo definito e ci eravamo ben piazzati anche nella nicchia militare delle forze speciali, però ci ha dato e ci sta dando tante altre opportunità. Infatti, da un lato, loro non avevano un prodotto come il nostro per quanto riguarda il tiro di precisione, e quindi con noi hanno acquistato nuove quote di mercato, dall’altro lato invece, noi abbiamo avuto accesso ad una rete commerciale ramificatissima grazie alla loro struttura.
La collaborazione con Fabbrica d’armi Beretta vi sta dando i risultati attesi?
Sì, come dicevo: loro sono una realtà strutturata, presente sul mercato da centinaia di anni e, nel tempo, hanno sviluppato dei canali di vendita propri ramificati in tutto il mondo, noi invece, essendo partiti da zero, non avevamo una rete commerciale così vasta.
Dal punto di vista militare, chi rifornite?
Essendo un prodotto altamente specializzato e di nicchia, il nostro cliente tipo sono le Forze speciali militari e di polizia.
Si possono dire di quali nazioni?
Per ovvie ragioni di sicurezza, non possiamo rivelare per quali nazioni o forze di sicurezza lavoriamo. La nostra politica è la riservatezza; possiamo solo dire che tutto quello che riguarda il mercato militare segue un iter di esportazione molto rigido e controllato: un’azienda privata non può pensare di esportare senza un’autorizzazione ministeriale; tutto l’export viene realizzato attraverso il governo con autorizzazioni governative. A differenza di alcuni nostri concorrenti che si vantano delle commesse militari ottenute o semplicemente trattate, noi preferiamo garantire un maggior livello di riserbo. Qualcuno può pensare di trovare motivo di vanto nel dire di lavorare con le forze speciali, militari o di polizia, o che possa portare un valore aggiunto al prodotto; noi, invece, crediamo che il valore aggiunto sia far le cose per bene.
Presto sarete negli Stati Uniti. Quali strategie commerciali avete in programma?
In realtà, negli Stati Uniti, ci andiamo tutti gli anni e anche più volte all’anno. All’inizio di gennaio, c’è lo “Shot Show”, la fiera più grande che c’è negli Stati Uniti per quanto riguarda il mercato civile. È un importante momento di incontro tra i vari distributori, importatori ed è, ormai, un punto d’incontro per il mercato mondiale, ma non ci sono solo gli USA nella nostra agenda. Partecipiamo unitamente a Beretta a diverse fiere e attività sia di carattere militare che civile in tutti gli angoli del pianeta.
Parlando di distanze, qual è il raggio d’azione effettivo di una delle vostre armi “Top di gamma”?
È un argomento molto delicato. Quando si parla di distanze d’ingaggio, si possono superare abbondantemente i 1000 metri, ma in realtà la bontà dell’attrezzatura deve andare di pari passo ad altri aspetti, tra cui fondamentale è la preparazione del tiratore stesso. Molti sono gli aspetti che vanno studiati in modo approfondito prima di poter pensare a tirare il grilletto per lo sparo.
Qualche progetto futuro che vorrebbe svelarci?
Sì, come accennato, presto sarà lanciato il nuovo marchio: “Rome”. Il mercato di riferimento sarà sempre il comparto armi ma non ci occuperemo più di armi. Questa volta, con “Rome” ci occuperemo di accessori: dai bipiedi, ai silenziatori, fino ai sistemi di montaggio ottico. Siamo in attesa delle ultime conferme per la registrazione di alcuni brevetti, poiché avendo avuto delle idee innovative, cerchiamo di proteggerle! (CDG)