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Personaggi

Stefano Caglioni

«Tutto mi ispirava, vivevo x dipingere»

dicembre 2014

Bergamo. È al Gleno (oggi CaRiSMA ndr) da quattro anni per i postumi di un’emorragia cerebrale che lo colse all’improvviso. Dopo un periodo in rianimazione, è arrivato qui, in via Monte Gleno 49: si chiama Stefano Caglioni ed è uno dei volti più noti di Bergamo. Sono in molti, infatti, a ricordarselo quando, per le vie del centro e di Città Alta, passeggiava, dipingeva, fumava ed incalzava un po’ tutti con le sue provocazioni. Ora: sveglia alle 7, pranzo a mezzogiorno e cena alle 18; niente fumo e niente stranezze. Ha accettato di rilasciarci questa breve intervista e fin dalle prime battute si vede che non ha perso la voglia di vivere e di scherzare.

Stefano, come va al Gleno?
Non si può fumare.

Dipingi ancora?
No, non riesco più. Purtroppo. Gli ultimi lavori li ho fatti nel vecchio Gleno. Ora gioco a poker con gli amici che vengono a trovarmi e con mia mamma e mia sorella che vengono sempre (pare sia molto bravo ndr).

Quanti quadri hai fatto?
Settantamila (ridendo ndr) e li ho sempre venduti tutti. A buon prezzo.

Ti è dispiaciuto venderne qualcuno?
No, mai. Dipingevo su tutto, bastava fosse superficie. Ho usato anche i muri. Di casa mia e degli edifici. Io dipingevo sia dentro, sia all’aperto. Mi ricordo che uscivamo con amici e con le tele: giravamo, ci coglieva l’ispirazione e mettevamo subito tutto su tela. In giro ho dipinto molto.

In giro?
Sì, una volta passavo in via San Bernardino e ho dipinto un murales.

Soggetto?
Madonna. È piaciuto talmente tanto che l’hanno incorniciato. È ancora lì.

Come mai una Madonna?
Passavo di lì, vidi un convento (la Casa di Cura Palazzolo delle Suore Poverelle ndr), continuai a camminare, ad un tratto vidi un bar: si chiamava l’Elefante - mi sembra - e mi venne l’ispirazione. Dipinsi una Madonna.

Una Madonna?
Ho dipinto tante Madonne nella mia vita. Molti dei miei quadri hanno soggetti religiosi.

E questa corona di spine che hai tatuata in fronte?
Porta bene. È come quella di Gesù Cristo.

Ma sei credente?
Sì, sono credente. Ho donato molto ad enti ecclesiastici, conventi, istituti di beneficienza. Radio Maria anche.

Come nasceva la tua ispirazione?
Semplicemente. Andavo in giro, vedevo e mi ispiravo. Tutto mi ispirava. Dipingevo sempre e dovunque: io pitturavo sempre, non facevo altro.

Quando hai iniziato?
A cinque anni (ridendo... in realtà a venti anni circa, durante gli anni universitari ndr). Mi insegnò mia nonna.

Soggetti preferiti?
Tutti. Ho dipinto paesaggi, ritratti, fiori, nudi, quadri astratti. Mi piaceva dipingere quadri grandi.

I pittori del passato? Quale è il tuo pittore preferito?
Caravaggio. La sua pittura è drammatica come la mia.

Ti sei ispirato anche a lui?
Io mi ispiravo a tutti.

Tu hai studiato lettere e sei stato anche alpino, ma hai mai pensato di frequentare la Carrara?
L’ho fatto. Per due anni. Non l’ho terminata. Longaretti e l’architetto Bertasa erano alcuni dei miei docenti di allora.

Cosa pensi di loro?
Bertasa era simpatico. Con Longaretti ci ho litigato perchè mi rompeva i coglioni.

Avresti anche potuto insegnarci tu alla Carrara...
Io ho insegnato: facevo le supplenze nelle scuole medie e superiori. Insegnavo storia, geografia, italiano. Mi sarei dovuto laureare in lettere moderne: la tesi era pronta ma non l’ho più discussa. L’argomento era Charles Fourier, il filosofo socialista. Andai in Sicilia per trovare del materiale su di lui: i libri che cercavo erano là; alla fine non l’ho più discussa.

Richieste strane ricevute?
Mi chiesero di dipingere l’Everest. Non lo feci perchè non stavo bene. L’avrei fatto, altrimenti. Lo farei se potessi.

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