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Gruppo Grazioli

agosto 2020

Un’azienda di riferimento per il settore della distribuzione industriale in Italia, giunta ormai alla quinta generazione: l’arma vincente del Gruppo Grazioli è la presenza di Product Manager dedicati e specializzati, focalizzati sul cliente per offrirgli soluzioni più personalizzate possibile. Carlo Grazioli, ingegnere gestionale e pronipote della fondatrice Pasqua, ci offre una panoramica della mission aziendale.
«All’interno del Gruppo Grazioli abbiamo diverse aziende che operano in settori industriali complementari, con un’offerta ampia che include i migliori prodotti sul mercato in settori diversificati. Qui a Grassobbio abbiamo aperto una filiale UTSG, specialisti storici delle lavorazioni meccaniche per asportazione di truciolo».
Quali sono le tappe principali della vostra storia?
In principio fu la Grazioli, fondata nel 1875 a Manerbio come negozio di ferramenta e utensileria. Ha servito importanti lavori per le ferrovie dello Stato e aziende con stabilimenti produttivi locali come la Marzotto e la Albaplast, prima di spostarsi in maniera decisa verso il settore industriale verso la fine del ‘900. Lì è nata la nostra filosofia di centralità del cliente e di grande personalizzazione della nostra proposta in base alle sue esigenze. Nel 2001 la Grazioli si è fusa con la Dega Tools ampliando il proprio parco prodotti e definendo la nascita della Dega & Grazioli, mentre negli anni successivi abbiamo sviluppato altre operazioni in questo senso, acquisendo prima la UTSG, per il  potenziamento del comparto utensileria e attrezzature speciali, e poi la FAB, produttore e distributore di DPI e abbigliamento da lavoro, arrivando a coprire un’ampia fetta di mercato anche nel settore antinfortunistico. Negli ultimi anni il Gruppo ha anche investito in diverse partecipazioni strategiche, come per esempio Sitimp, che offre servizi di analisi dei rischi, consulenza e corsi di formazione nell’ambito della sicurezza. La filosofia è sempre la stessa: fornire soluzioni globali con un approccio specialistico in ogni ambito.
A quante persone dà lavoro il gruppo? Quali capacità occorre mettere in campo per gestire una realtà di queste dimensioni?
Il solo Gruppo Grazioli conta oltre 100 persone, senza contare le società partecipate. Grazie alla visione di mio padre, abbiamo avuto una crescita importante tra gli anni ‘90 e i 2000, e parallelamente ai numeri è cresciuta la complessità. Oggi il mercato si aspetta da noi qualità, servizio, competenza, ma anche rapidità e flessibilità. Per raggiungere i nostri obiettivi possiamo contare su una catena decisionale sufficientemente corta e su collaboratori in grado di coniugare competenze gestionali e specialistiche di prodotto, per ciascuna piattaforma. Serve a poco essere buoni gestori, ma carenti sulle conoscenze tecniche o viceversa.
Come avete affrontato la crisi Covid?
Lavorando con l’estero e avendo diversi canali di importazione l’abbiamo vista arrivare e abbiamo cercato di prepararci di conseguenza per evitare di far restare i nostri clienti senza forniture. Le nostre aziende hanno sempre lavorato con l’aiuto dello Smart working, ad eccezione del reparto logistico che per ovvi motivi ha lavorato in presenza. FAB ha fatto investimenti importanti in R&D e avviato nuove linee di produzione per garantire DPI e dispositivi di sicurezza sia ad aziende private sia a ospedali e istituzioni pubbliche.
Quali sono i vostri prodotti di punta? I vostri mercati principali?
Per ciascuna delle nostre 17 piattaforme siamo partner dei maggiori produttori a livello mondiale (come SKF, Sandvik Coromant, Mitutoyo, Henkel-Loctite, 3M), oltre ad avere dei nostri brand di qualità, per i quali siamo strutturati con uffici tecnici e dipartimenti produttivi dedicati. Siamo molto forti nelle soluzioni 4.0 e puntiamo a seguire il cliente con una proposta tagliata su misura per le sue esigenze. È difficile per noi scindere il prodotto dal servizio e parlare di uno senza l’altro.
La maggior parte del nostro lavoro è con utilizzatori in ambito industriale - produttori e manutentori - mentre la parte restante è con società di servizi e rivenditori, tra cui rientra anche la grande distribuzione specializzata. Serviamo i settori più disparati dalla fonderia alla meccanica di precisione, dal settore ferroviario all’orologeria di lusso, dai piccoli artigiani a multinazionali quotate in borsa.
Il vostro settore e i vostri mercati cambieranno dopo il Covid?
Credo che assisteremo ad un’accelerazione di alcuni trend che erano già in atto prima della pandemia. La crisi ha mostrato tutti i limiti delle supply chain e la necessità di un loro ripensamento. Molte aziende stanno percorrendo la strada del reshoring e investendo in progetti di collaborazione con i propri fornitori per migliorare le performance di efficienza ed efficacia della relazione, cui i nostri servizi sono finalizzati.
Qualche dettaglio sui vostri servizi di post produzione?
Ciò che li accomuna è che sfruttiamo le tecnologie come supporto abilitante per ripensare i processi all’interno delle aziende. Questo comporta ottimizzazione di tempi e risorse, ma anche avere a disposizione informazioni e dati documentati e tracciabili su processi, misurazioni, utilizzazione dei prodotti, che consentono di prendere decisioni consapevoli, supportate da evidenze. Abbiamo introdotto queste metodologie nel 2001 e abbiamo incontrato lungo il percorso alcune aziende illuminate, da cui abbiamo ottenuto ottimi riscontri, e altre più ostili al cambiamento “perché si è sempre fatto così”. La percezione di queste tecnologie sta cambiando: aumenta la consapevolezza della necessità di progredire, perché il mondo non sta ad aspettare. Inoltre offriamo corsi di formazione in diversi ambiti, dalla sicurezza e al corretto uso degli strumenti e dei macchinari, fino alla progettazione dei cicli di lavoro e programmazione delle macchine utensili, ambito in cui si possono ottenere i veri saving e sono richieste competenze difficili da reperire. Siamo in grado di gestire e ottimizzare l’intero processo di approvvigionamento e produzione grazie alle nostre soluzioni e al nostro personale specializzato. Non parliamo di un rivenditore da cui si cerca un prodotto: da noi si trova una soluzione completa.
Quali sono gli obiettivi futuri del gruppo?
L’obiettivo è continuare a crescere ed evolvere, anticipando i fabbisogni del cliente per rimanere il punto di riferimento nel nostro settore.
Questa nuova apertura di UTSG a Grassobbio è stata dettata dalla volontà di incrementare il livello del servizio in quest’area, in controtendenza rispetto al mercato che tende alla concentrazione e alla razionalizzazione dei punti di presenza fisica. Oltre all’incremento del servizio, questa sede deve fungere da riferimento per i nostri collaboratori e i nostri clienti, rispondere alle loro esigenze. Oggi siamo esclusivo punto di riferimento per il catalogo CDU anche per la provincia di Bergamo, oltre che per le provincie di Brescia, Cremona e Mantova, il che è di fondamentale importanza per noi. Il CDU è un consorzio di distribuzione utensili di cui siamo soci da 30 anni, il primo per dimensioni in Italia e la vera risposta nazionale all’industria. Il nostro iconico catalogo di oltre 36.000 articoli è il “mai più senza” di qualsiasi officina. Questa filiale, nata nel 2019, serve tutta l’area bergamasca e anche parte di quella milanese. In realtà eravamo già presenti in questa provincia, con una base all’interno dello stabilimento di un nostro cliente, in cui gestiamo oltre 50 distributori automatici di materiali ed effettuiamo attività di manutenzione, riparazione utensili, pre-setting, misurazione. In questo modo il cliente è riuscito a ridurre i suoi costi e a incrementare il livello di servizio. Con questa apertura passiamo a un altro livello.
Siete in grado di fare una previsione sulla ripresa del commercio e sui cambiamenti negli equilibri dei mercati nazionali ed internazionali?
Questi mesi difficili hanno segnato una grande prova nelle nostre vite, sia come privati cittadini che come aziende. Quello che è successo si inserisce in una prospettiva più ampia, in un contesto di movimenti e di fenomeni a cui già stavamo assistendo prima della crisi, e che ne risultano amplificati: i movimenti sovranisti, la Brexit, le tensioni commerciali tra USA e Cina, e in generale il clima di incertezza che stava già pesando sull’economia. Ci sono timidi segnali di ripresa, in parte dovuti a commesse acquisite pre-covid, ma percepiamo ancora incertezza dal mercato. Sul lungo termine, non possiamo prescindere dal ruolo che assumerà l’Europa e da una maggiore valorizzazione del made in Italy e dell’industria italiana. Credendoci noi per primi e con una politica disposta ad ascoltare i nostri bisogni.
Il made in Italy è importante, ma va valorizzato. Le imprese sono patrimonio del nostro Paese, perderle significherebbe non solo perdere posti di lavoro, ma anche storia, competenze e know-how che non si recuperano facilmente. Credo che questo aspetto sia estremamente sottovalutato al giorno d’oggi.
Sono fiducioso del fatto che ci sarà una ripresa, ma non si può prescindere da questi aspetti.

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