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Economia

L’INTERVISTA

Elena Carnevali: «In politica per lottare contro le disuguaglianze»

settembre 2018

Elena Carnevali, 54 anni, originaria di Ciserano, negli ultimi vent’anni è diventata uno dei nomi di spicco della politica (locale e non solo): tre mandati in Comune a Bergamo, infine l’elezione a deputata nel 2013 (e la successiva rielezione nel 2018). Ma cosa spinge una stimata professionista (laureata in fisioterapia) a “scendere in campo”? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.
Cosa significa, per lei, fare politica?
«Un modo concreto per cambiare le cose. Io sono convinta che viviamo in un mondo complicato e spesso ingiusto, ma vale la pena di impegnarsi per cambiarlo. Non possiamo limitarci all’indignazione e alla testimonianza. Meglio agire. In questo emerge il mio carattere: impossibile restare indifferente alle cose che non vanno, alle difficoltà di chi non ce la fa, alle avversità che non sempre sono fatalità, alle straordinarie capacità di questo paese mortificate e inespresse. Guardo in particolare a cosa posso fare per ridurre le disuguaglianze, un tema che è sempre più all’ordine del giorno».
Entriamo subito nel vivo del dibattito politico: l’obbligo dei vaccini è un tema su cui lei si è molto impegnata. Questo Governo, però, l’ha messo in discussione: cosa ne pensa dell’obbligo flessibile?
«Il ministro della Salute Giulia Grillo e il Movimento 5 Stelle hanno coniato un vero e proprio ossimoro: perché un obbligo, per definizione, non può essere flessibile. Nel giugno del 2017 con il decreto sui vaccini abbiamo messo in campo il più grande intervento di salute pubblica e di prevenzione, ripristinando l’obbligo vaccinale perché il basso tasso di copertura vaccinale - oltre a provocare la diffusione di 4991 casi di morbillo - ha generato anche morti. L’autocertificazione - che in sanità non esiste -, voluta da questo governo per la frequenza nei servizi per l’infanzia, non garantisce che tutti i bambini della comunità scolastica siano vaccinati. Mettendo così a rischio chi non può vaccinarsi ed il buon successo - anche se ancora insufficiente - raggiunto dell’introduzione della legge, e contemporaneamente scaricando su famiglie e presidi le eventuali responsabilità penali derivate da dichiarazioni false. A favore dell’obbligo - per 3 anni come il decreto vaccini prevede - si sono schierati famiglie, medici, comunità scientifica, presidi e amministratori, per l’importante necessità di consolidare i dati ancora disomogenei in Italia. La maggioranza invece ha creato una grande confusione, ha diviso il Paese e mette a rischio la salute pubblica in modo immotivato, irragionevole e pericoloso. Non si può piegare la scienza ad interessi politici».
Nella sua prima legislatura (2013-2018) è stata relatrice di una legge dedicata alle persone con disabilità e alle loro famiglie: si chiama “Dopo di Noi” ed è l 112/2016. Cosa è cambiato con questa legge e cosa ha provato nel momento in cui il suo lavoro è diventato realtà normativa?
«Ho provato un senso di vera soddisfazione per aver fatto qualcosa che allevia le fatiche quotidiane di tante famiglie. C’era e c’è una domanda dolorosa e preoccupante di genitori e persone con disabilità: chi garantirà loro un futuro degno e inclusivo, dopo la morte dei familiari o nel momento in cui questi non avranno più le forze necessarie per stare loro accanto?  Siamo partiti da qui per costruire strumenti normativi che garantissero a questi cittadini una vita quanto più autonoma possibile - attraverso la realizzazione di piccole convivenze in abitazioni -, stanziando 280 milioni di euro in tre anni».
Ci può raccontare qualche retroscena del percorso di questa legge e del suo impegno come relatrice?
«L’esperienza di Bergamo è stata fondamentale: qui sono sorte alcune tra le esperienze più avanzate. Per tre anni, poi, incontri in giro per il paese e successivamente audizioni in Commissione mi hanno permesso di raccogliere “dal basso” domande ed esigenze delle persone con disabilità grave e delle loro famiglie. Storie di resistenza umana e sperimentazioni innovative di successo che devono diventare vera e propria infrastruttura, e che mi hanno dato molta determinazione. Non posso d’altro canto nascondere la rabbia provata di fronte alle accuse, strumentali e false da parte di alcuni avversari politici, di voler favorire le assicurazioni o il terzo settore per le agevolazioni fiscali previste per il trust sociale o le onlus. Sapevo però che stavamo dando un colpo alla disuguaglianza, una speranza e un futuro migliore alle persone con disabilità».
Sul suo sito (www.carnevali2018.it) scrive: “La commissione Affari Sociali di cui ho fatto parte (dal 2013 al 2018) è stato il motore della Legislatura “più sociale” di sempre”. Perché?
«La scorsa è stata una legislatura chiave per il settore sociale. Abbiamo sostenuto investimenti e stanziato risorse come mai era stato fatto prima: oltre 7,5 miliardi di euro in più rispetto al passato. è merito del governo Gentiloni se oggi in Italia abbiamo il REI (il Reddito di Inclusione), strumento universale di lotta alla povertà che impone un patto con i beneficiari con l’obiettivo di farli (ri)entrare il più presto possibile nel mercato del lavoro: sta già dando buoni risultati per più di un milione di persone e proprio all’inizio di questa nuova legislatura il Partito Democratico propone (io sono la prima firmataria e la relatrice della relativa mozione) di estenderlo e di rafforzarlo per raggiungere i 5 milioni di poveri presenti in Italia. Mettere in campo misure per ridurre le disuguaglianze non solo è un dovere morale e politico, ma anche un’azione di sviluppo economico».
A tal proposito, il primo provvedimento del governo Lega- M5S è stato il cosiddetto Decreto Dignità. Quali crede che possano essere i suoi effetti per le PMI e per il tessuto industriale italiano?
«Già il nome è fuorviante: quale dignità c’è in un decreto che rende più difficile prorogare i contratti a termine (mettendo in difficoltà le imprese e creando disoccupazione) e non incentiva la trasformazione in un lavoro a tempo indeterminato? La vera dignità viene dal lavoro, un lavoro regolare, giustamente remunerato e tutelato. Il “Decreto Di Maio” è uno spot che esprime la visione politica del suo autore, tutta fondata sul sussidio, sull’aiuto dello Stato: una visione che nella seconda metà del Novecento ha mostrato tutta la sua inefficienza oltre che la sua insostenibilità economica. Ecco perché ci opponiamo al Reddito di Cittadinanza dei 5 stelle, che favorirà l’inerzia (chi mai cercherà un lavoro che gli fa perdere il diritto al sussidio?) o il lavoro nero. Gli effetti del Decreto Di Maio (su cui gli imprenditori hanno mostrato tutta la loro contrarietà) già si vedono: a luglio l’occupazione è calata di 28mila unità rispetto al mese precedente. Nel frattempo la situazione di incertezze e di instabilità creata in questi pochi mesi di governo ha provocato l’aumento del rendimento dei titoli di Stato italiani, facendo così crescere il nostro debito pubblico, mentre gli investitori sembrano fuggire. Supportare le imprese tagliando costo del lavoro, tasse e burocrazia, sostenere i redditi bassi e investire sulla formazione sono le ricette che servono».
Sempre in merito al Decreto Dignità, suo è l’emendamento che prevede formule di avvertimento dissuasivo sui tagliandi delle lotterie e sulle postazioni delle videolotterie. Come è nato questo emendamento?
«Da anni mi batto per contrastare il gioco d’azzardo patologico, una piaga per molte famiglie. Importanti interventi sono stati fatti: l’aggiornamento dei “Livelli essenziali di assistenza”, la riduzione di 80mila apparecchi delle slot machine e dei punti gioco. Era anche stata raggiunta un’incisiva intesa sul tema in Conferenza Stato-Regioni, sostenuta pure dalle forze ora in maggioranza ma ignorata da questo governo. Anche a partire da questo lavoro alla Camera ho dedicato grande impegno al miglioramento del Decreto Di Maio: tra gli emendamenti accolti quasi all’unanimità c’è l’obbligo (a tutela dei minori) di introduzione della tessera sanitaria per l’uso degli apparecchi, e l’applicazione del messaggio “Nuoce alla Salute” (come per le sigarette) sui gratta e vinci. Alla base di tutto, però, nel Decreto Di Maio è contenuta la clausola per cui il gettito da gioco per lo Stato dovrà rimanere invariato, il che rende molto negativo il bilancio di questo provvedimento».
Ulteriore provvedimento del nuovo Governo è la chiusura dei porti. Come giudica questa discontinuità rispetto all’operato dei governi precedenti? Quali conseguenze avrà questa scelta per Bergamo, città che ha saputo costruire un modello di accoglienza libero da tensioni e contrapposizioni tra residenti e migranti?
«Impedire l’approdo e lasciare barconi carichi di disperati in mezzo al mare (violando tra l’altro il diritto internazionale) è solo una prova di forza utile a soddisfare il proprio elettorato, ma non a risolvere il problema.  Al governo precedente e in particolare al ministro Minniti sono state avanzate molte critiche, ma ha ridotto dell’80 per cento gli sbarchi e non ha mai messo in discussione l’accoglienza. È proprio ciò che questo esecutivo invece nega, e le ripercussioni anche a Bergamo sono evidenti. A distanza di mesi dalla scadenza prefissata non sono stati ancora pubblicati i bandi Sprar: si tratta di progetti ben pensati e strutturati, basati sulla cosiddetta “accoglienza diffusa” attraverso cui ai migranti è data davvero la possibilità di ricostruirsi un futuro. La sola città di Bergamo sta aspettando oltre 1 milione di euro per finanziarli».
Il caso della nave Diciotti ha agitato l’attuale maggioranza e sono emerse divergenze: il presidente della Camera Fico (M5S) ha criticato l’operato del Ministro Salvini (Lega Nord). Si potrebbe leggerle come avvisaglie di crisi. Ritiene che questa maggioranza possa arrivare lontano?
«Salvini sta monopolizzando l’attenzione dei media e svolgendo un ruolo di egemonia su tutto il Governo, nonostante la Lega abbia preso la metà dei voti del Movimento 5 Stelle. Sta imponendo la propria agenda, al primo posto della quale c’è l’immigrazione nonostante i numeri dicano che non si tratti di un’emergenza. Naturale che il presidente Fico abbia voluto dire la sua, e più che legittimo: ha solo ricordato che non si possono lasciare 177 persone per una settimana su una nave ferma in porto creando un’emergenza sanitaria. Ma questa maggioranza è destinata ad andare avanti ancora per un po’, sia perché l’obiettivo ora è destrutturare l’Unione Europea sia perché la Lega ha interesse ad ingrossare il proprio elettorato».
Uno sguardo al Comune di Bergamo: l’anno prossimo si vota per le amministrative. Circola il suo nome come candidato Sindaco e quello del Sindaco uscente, Giorgio Gori, per le Europee: quali sono le Sue intenzioni e quale sarà la proposta del Suo partito? Come vede la sfida alla Lega ed ai grillini?
«Bergamo e la provincia sono sempre stati al centro della mia attività politica, e il territorio ha ricevuto il sostegno che meritava quando eravamo al governo: basterebbe ricordare l’aumento di personale alla Questura e alla Motorizzazione, le risorse per le periferie, per il Donizetti e per l’Accademia della Guardia Finanza, oppure il raddoppio della linea ferroviaria Ponte San Pietro-Montello e l’avvio dell’iter per la realizzazione del collegamento ferroviario con l’aeroporto. Questo per dire che Bergamo ed il suo territorio sono la mia grande passione. La questione della candidatura alle comunali però non si pone nemmeno, perché io dico che un candidato ce l’abbiamo già e si chiama Giorgio Gori. Il quale in questi anni non solo ha dato un nuovo volto alla città dal punto di vista urbanistico, ma si è fatto protagonista di un vero cambio di visione che trova il mio sostegno: Bergamo è diventata una città dove è bello vivere e che può competere con altri capoluoghi. È una sfida senza dubbio impegnativa per la congiuntura politica nazionale in cui ci troviamo, ma sono certa che i cittadini saranno capaci di distinguere la differenza tra chi promette e chi invece – supportato dall’importante lavoro della Giunta - ha dimostrato già in questi anni di aver ben governato, guardando positivamente al futuro». Cdg


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