Economia
Contro il reddito di cittadinanza. Contro la condanna al parassitismo
Un reddito di cittadinanza non risolve la criticità della discriminazione nell’accesso al mondo produttivo e lascerebbe i percettori di tale reddito esclusi dal sistema sociale universalmente e storicamente caratterizzante l’Umanità, fondato sul lavoro, in cui le persone costruiscono quotidianamente presente e futuro con i propri sforzi. Nell’ambito dell’economia reale è possibile distribuire solo ciò che è stato prima prodotto ed il lavoro è elemento necessario alla produzione. Dare accesso in modo indiscriminato al prodotto del lavoro, senza che nuova forza lavoro venga attivata per la creazione di nuovo valore economico, non farebbe altro che peggiorare ulteriormente la condizione di chi lavora.
Con l’implementazione di un reddito universale incondizionato, i lavoratori sarebbero in grado di accedere ad una porzione ancor più piccola del valore economico risultante dalla loro attività. Il reddito incondizionato universale, od altre soluzioni che ne condividono lo scollamento con la dimensione produttiva, costituirebbe un ulteriore prelievo dei risultati dell’attività produttiva dei lavoratori, aggiuntivo rispetto a quello già realizzato dal capitale. Ciò comporterebbe, non solo una redistribuzione della ricchezza reale a danno dei lavoratori, ma anche una riduzione del reddito reale complessivo (per via del deperimento della forza lavoro conseguente alla sua non completa attivazione, oltre che alla plausibile riduzione della forza lavoro stessa).
Certamente è auspicabile che vi siano forme di protezione per chi si trova in condizione di non poter lavorare o per i soggetti che è nell’interesse pubblico non far lavorare - come ad esempio gli studenti - ma nel resto dei casi è nell’interesse pubblico porre l’inclusione nel processo produttivo come base della fonte di reddito, evitando di costringere in una condizione di forzato parassitismo sociale ampie fette della forza lavoro.
Il reddito di cittadinanza parte dall’accettazione del problema della disoccupazione, non dalla sua risoluzione. Ma eliminare la disoccupazione vorrebbe dire aumentare il deficit pubblico (diminuendo le tasse - per esempio eliminando l’IVA - ed aumentando la spesa pubblica). La disoccupazione si elimina aumentando la spesa nell’economia fino a che questa raggiunge il limite della sua capacità produttiva, appunto la piena occupazione, situazione in cui nessuno è obbligato a rimanere disoccupato a causa dei vincoli monetari posti alla spesa complessiva nell’economia. Ciò è in antitesi con il dna dell’UE ed è più facile quindi parlare di reddito di cittadinanza. Più facile non dare a tutti l’accesso ad un vero lavoro dignitoso.