Economia
SMI Group: «Il nostro know-how è unico»
Il Gruppo SMI è costituito dalla capogruppo SMIGROUP, dalle società controllate SMI (impianti di imbottigliamento e confezionamento), SMIPACK (macchine di imballaggio), SMIMEC (lavorazioni meccaniche), SMITEC (automazione industriale), ENOBERG (riempitrici), SMIENERGIA (produzione energetica da fonti rinnovabili), SMILAB (centro di ricerca), SARCO RE (gestione immobili) e da una rete di succursali estere. Offre lavoro a oltre 750 persone e dispone di uffici e reparti di produzione su una superficie totale di circa 102.000 m², suddivisi tra la sede principale a San Giovanni Bianco, alcuni stabilimenti a San Pellegrino e Telgate e filiali commerciali in Cina, Malesia, Russia, Romania, Regno Unito, Brasile, Messico e USA. Nel 2019 il Gruppo SMI ha raggiunto un volume vendite di 131 milioni di euro, arrivando ad aggiudicarsi importanti riconoscimenti. Ad offrirci una panoramica del presente del Gruppo SMI e della sua visione di innovazione e sviluppo è il President & CEO Paolo Nava.
Un breve accenno sulla vostra storia?
Le origini della società risalgono alla metà degli anni ’70, quando mio padre Luigi aprì una piccola officina meccanica a San Pellegrino Terme insieme a me e ai mie tre fratelli. Inizialmente l’attività dell’impresa era costituita da lavorazioni per conto terzi, alle quali si aggiunse successivamente la manutenzione di macchinari ed impianti impiegati nelle linee di imbottigliamento ed imballaggio di bevande e alimentari. La passione per catene ed ingranaggi e l’intraprendenza tipica dei giovani ci spinsero, verso la fine degli anni ‘80, a realizzare in proprio una confezionatrice automatica innovativa e multiuso, uno dei primi esempi dotati di automazione avanzata. L’iniziativa ebbe successo e diede il via ad un processo di crescita inarrestabile (sebbene non privo di difficoltà), che, nel corso dei decenni successivi, permise a SMI di entrare anche nel settore delle macchine di soffiaggio di bottiglie in PET, in quello dei palettizzatori e, nell’ultimo decennio, in quello della fornitura di linee complete chiavi in mano. La crescita del fatturato nel corso degli anni ha reso necessario l’ampliamento di reparti di produzione e uffici, operazione non facile nell’ambiente angusto del fondovalle brembano, finché nel 2014 le attività di SMI sono state trasferite nell’insediamento industriale della ex cartiera Cima, una nuova sede adeguata al livello raggiunto dall’impresa, dove attualmente ci troviamo. L’intera area (acquistata dal gruppo nel 2003) è stata completamente ristrutturata, introducendo notevoli cambiamenti in termini di riqualificazione degli edifici, energie rinnovabili, automazione dei processi di produzione. Oggi il Gruppo SMI è uno dei maggiori produttori a livello mondiale di impianti di imbottigliamento e imballaggio ad alta tecnologia, destinati a molteplici settori di mercato.
Che innovazioni avete portato nei vostri stabilimenti?
Qui abbiamo introdotto una serie di innovazioni, sia dal punto di vista organizzativo che energetico, che nulla hanno da invidiare alle innovazioni tecnologiche che applichiamo alle nostre macchine. Ad esempio, abbiamo ricoperto i tetti dei nostri stabilimenti con pannelli solari ad alta efficienza, riqualificato la centrale idroelettrica già presente nelle cartiere, sfruttato le fondi geotermiche, ottimizzato l’illuminazione delle aree all’aperto e degli edifici. Oggi il gruppo SMI è una realtà energeticamente autosufficiente; anzi produciamo più elettricità di quanto ne consumiamo. Lo sviluppo sostenibile rappresenta, infatti, uno dei valori irrinunciabili della “mission” di SMI, che si pone l’obiettivo di creare armonia tra l’attività industriale, la qualità del prodotto, il rispetto dall’ambiente e la sicurezza sul lavoro. A livello organizzativo, l’azienda presenta un Sistema di Gestione Integrato Qualità e Ambiente in accordo alle norme UNI EN ISO 9001:2015 (Sistema Gestione Qualità) e UNI EN ISO 14001:2015 (Sistema Gestione Ambientale), un Sistema di Gestione della Sicurezza valido a livello internazionale e il riconoscimento di WHP (Workplace Health Promotion - tutela della salute sul posto di lavoro). A livello più strettamente produttivo, abbiamo avviato un processo di recupero delle parti in acciaio recuperate dagli scarti delle lavorazioni, rinnovato il parco mezzi aziendali acquistando veicoli elettrici a basse emissioni di CO?, introdotto controlli periodici della “carbon footprint” e interventi continui per continuarne la riduzione.
Come definirebbe il vostro “core business”?
SMI progetta e realizza un’ampia gamma di impianti di imbottigliamento e macchine per il confezionamento per esigenze produttive fino a circa 40.000 bottiglie all’ora per diversi settori: alimentare, bevande, prodotti per la pulizia domestica e l’igiene personale, prodotti chimici e farmaceutici, il tutto rigorosamente made in Italy, anzi per la precisione made in Val Brembana. Come materiale di imballaggio, i macchinari prodotti dalle due principali società del gruppo, SMI e SMIPACK, impiegano soprattutto derivati della plastica, come il PET per la produzione di bottiglie e il film termoretraibile e/o estensibile per il confezionamento secondario, ma anche il cartone per certe applicazioni. Anche in questo campo abbiamo innovato parecchio, rendendo i nostri impianti compatibili con materiali di imballaggio riciclabili al 100% come, ad esempio l’rPET, che consentono ai nostri clienti di raggiungere livelli elevati di efficienza e qualità della produzione riducendo nel contempo l’impatto sull’ambiente. I nostri progetti si basano sui più recenti sviluppi di piattaforme avanzate come Industria 4.0 e IoT (Internet of Things), grazie ai quali i nostri impianti, siano essi macchine singole o sistemi chiavi in mano, si possono considerare vere e proprie “smart factories”, facili da gestire, aggiornare, monitorare.
Per quanto riguarda le operazioni di soffiaggio, imbottigliamento e tappatura, sul vostro sito web sono in risalto due diverse modalità: Stand-Alone e Ecobloc®. La differenza?
Si tratta di una differenza tecnologica e di tendenza. La tecnologia Stand-Alone al momento è utilizzata principalmente nei Paesi in via di sviluppo, mentre altrove è diffusa la soluzione Ecobloc®; quest’ultima prevede una macchina unica per la produzione, il riempimento e la tappatura di bottiglie in rPET/PET invece di tre macchinari distinti, ognuno dedicato ad un’operazione. Nei Paesi emergenti, purtroppo, sono ancora richieste installazioni a basso contenuto tecnologico, in quanto non ci sono ancora le condizioni e la preparazione sufficienti a gestire soluzioni più avanzate. Sicuramente, però, la soluzione giusta per il mercato del futuro consiste nell’avere un “blocco” unico che fa tutto, per ovvie ragioni di efficienza, manutenzione e risparmio energetico.
Dalla progettazione all’imballaggio, quali sono gli elementi più innovativi nella vostra attività?
La modernità e l’innovazione non stanno solo nel prodotto e nei progetti, ma anche nei processi produttivi interni. Stiamo lavorando moltissimo proprio su questo aspetto e, per così, dire, abbiamo preso questo momento di rallentamento non voluto per ragionare in questo senso. I processi interni sono sempre più automatizzati e reinvestiamo oltre il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo. Ad esempio, con l’Università di Bergamo stiamo lavorando a un progetto sperimentale per dotare tutte le nostre macchine di una tecnologia di comunicazione a distanza che consenta di acquisire ed elaborare i dati di funzionamento degli impianti per proporre all’utilizzatore soluzioni integrate di aggiornamento, manutenzione programmata e predittiva; inoltre, con il servizio di Augmented Reality Glasses, i nostri tecnici sono in grado di guidare l’operatore del cliente, che indossa degli appositi visori, nelle operazioni di risoluzione problemi e aggiornamento macchina. Questi sono solo due esempi di come l’integrazione tra automazione avanzata a bordo macchina e tecnologie digitali possono aiutare i costruttori e gli utilizzatori di impianti industriali complessi ad ottenere maggior efficienza e flessibilità, contenendo i costi di produzione e i consumi energetici.
Quanto sono automatizzate le procedure e quanto invece conta l’abilità dell’operatore, la sua formazione?
Sicuramente le procedure sono attualmente molto automatizzate, ma dietro c’è molto altro e c’è ancora una parte umana fondamentale. Il fatto è che siamo un’azienda più di valore che di volumi, l’apporto dell’aspetto tecnico è molto rilevante e la formazione sulle nuove tecnologie deve essere costante. Siamo sempre alla ricerca di personale altamente qualificato, nel settore informatico e di progettazione. Il mercato propone sempre nuove sfide, stiamo integrando nuove soluzioni e cercando nuove strade.
La vostra si propone come un’azienda decisamente “green”.
Come accennato in precedenza, le nostre macchine sono in grado di utilizzare materiali di imballaggio riciclabili al 100%, possono essere monitorati e aggiornati a distanza, sono progettati secondo concetti avanzati come IoT e Industria 4.0. Tutto ciò consente di ridurre l’impatto ambientale delle produzioni, lavorare in modo più efficiente e consumare meno. A livello di processi interni, invece, ad esempio sfruttiamo l’energia idroelettrica auto-prodotta dalle acque del fiume Brembo (potenza installata 1 GW) e i pannelli solari (potenza installata 2,4 GW) per soddisfare il fabbisogno elettrico e di riscaldamento dei nostri insediamenti.
A quali mercati guardate con maggior interesse?
Le unità produttive al momento sono tutte in Val Brembana, perché siamo molto legati al territorio e perché la maggioranza dei nostri collaboratori vive qui. Ciò non ci impedisce di esportare il 90% della produzione all’estero, in 130 Paesi nel mondo; inoltre, sui mercati di maggiori dimensioni siamo presenti con filiali commerciali che si occupano anche di assistenza tecnica e ricambi. Sicuramente espanderci anche all’estero con insediamenti di produzione potrebbe essere una possibilità interessante da valutare; in particolare, per scelte strategiche, guardiamo al continente asiatico. Il successo mondiale del Gruppo SMI è il risultato dell’accurato studio dei singoli mercati, degli aspetti socio-economici di ogni area e dell’analisi tempestiva delle specifiche esigenze della clientela locale. Forniamo da molti anni sia multinazionali delle dimensioni di Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Danone, Unilever, ABInbev, sia migliaia di aziende medio-piccole molto radicate a livello locale, proponendo a ciascuno la soluzione più adatta alle loro necessità di produzione e ai loro “budget” di investimento.
Come la pandemia Covid-19 ha influito sul vostro lavoro?
In tutti i settori c’è stata flessione, nel nostro caso in parte mitigata dal fatto che facciamo parte della filiera essenziale dell’industria alimentare; in particolare abbiamo sofferto molto dell’impossibilità di far viaggiare i nostri tecnici per l’installazione degli impianti, che ha creato in alcuni clienti la tendenza a rimandare le scelte di investimento per timore di non poter poi far partire le produzioni in tempo utile. In questo senso, i danni che abbiamo subito dalla seconda ondata non sono stati inferiori a quelli della prima, anche se, grazie ai nuovi servizi di assistenza da remoto, siamo riusciti a portare a termine qualche lavoro importante. Quello che mi preoccupa è che, se quel che ci insegna la storia è corretto, dovremo convivere con questa situazione per ancora un anno, con o senza vaccino. Per quanto ci riguarda, abbiamo voluto dimostrare concretamente la nostra vicinanza al territorio e a tutti coloro che si stanno impegnando per fronteggiare l’emergenza attraverso una donazione di € 120.000, tramite l’azienda SMIPACK, al Comune di San Giovanni Bianco per attività sanitarie finalizzate a ridurre la diffusione del Covid-19, e una donazione di € 200.000, tramite l’azienda SMILAB, all’Istituto Mario Negri di Bergamo per attività di ricerca volte a sconfiggere il virus.
Avete ottenuto riconoscimenti anche a livello internazionale, ce ne vuole parlare?
Ad esempio, nel 2018 siamo stati gli unici italiani ad arrivare in finale, nella categoria di riferimento, al concorso “European Business Awards”, “contest” a livello europeo a cui partecipano ogni anno migliaia di aziende dell’UE, conclusosi con la cerimonia di premiazione dei vincitori a Varsavia. Tra l’altro, il progetto che abbiamo presentato (una nuova soffiatrice ultra-compatta ad avanzato contenuto tecnologico) è stato sviluppato da ingegneri molto giovani, sotto i trent’anni. Ed è stato solo uno di una serie di riconoscimenti importanti a livello nazionale e internazionale.
È importante, in questo momento più che in altri, salvaguardare il know-how italiano anche all’estero?
Nonostante abbiamo esplorato le opportunità di delocalizzazione in altri Paesi, abbiamo sempre desistito a produrre fuori dall’Italia perché il nostro know-how è unico. Non si tratta solo di progettare una macchina: si tratta di tutta la filiera di conoscenza che sta dietro a ogni processo produttivo. Per questo ai giovani dico: specializzatevi. Non lasciatevi tentare da carriere facili o fumose. C’è bisogno di competenze specifiche, e ce n’è bisogno qui. Arianna Mossali